di: Maria Camilla Pagnini 

Umberto Rovelli 

Maria Camilla Pagnini (Firenze 1968) Consegue laurea e dottorato presso l'ateneo forentino, svolge attività professionale come architetto, si occupa di restauro e comunicazione dei beni culturali; ha collaborato con Enti di Tutela, (tra cui il MiBACT, FAI e ADSI) e associazioni culturali a carattere nazionale, per la realizzazione di progetti ed eventi di valorizzazione curando convegni, giornate di studio, mostre documentarie e percorsi didattici. Ha collaborato con progetti di ricerca con l'università di Pisa. Ha pubblicato volumi e saggi - su riviste a carattere internazionale - intorno ai temi della storia del design, del mecenatismo artistico femminile e della storia dell'architettura e del cantiere con particolare riguardo ai rapporti tra committente e architetto; fa parte del comitato di redazione di riviste che si occupano di storia e promozione del territorio. [x]

Umberto Rovelli (Bologna 1962) Laureato in Architettura, dal 1996 al 2018 è socio di Blue Klein, web agency impegnata nel campo multimediale per la promozione della cultura del progetto su Internet. Dal 2005 dirige la rivista IdeaMagazine.net. Dal 2008 al 2016 cura gli aggiornamenti del web ADI Toscana progettato da Blue Klein. Socio ADI dal 2010 al 2015, è curatore dei volumi MuDeTo Collection I.-V. (MuDeTo, Firenze 2014-'21), Mauro Pasquinelli Designer (Bandecchi&Vivaldi, Pontedera 2013) e Interviste sul Progetto (Franco Angeli, Milano 2011). Ha collaborato con le riviste “Op. cit.”, “Juliet Design Magazine”, “Paesaggio Urbano”, “ReportBio”, “Firenze Spettacolo”. Ha pubblicato contributi in: Adriano Piazzesi (Pontecorboli, Firenze 2016); Vincenzo Missanelli. Opere con un'antologia critica (Bandecchi&Vivaldi, Pontedera 2015); Antonio Possenti un lungo viaggio (Pacini Fazzi, Lucca 2013); Adriano Piazzesi. Arte nel silenzio (Polistampa, Firenze 2012); Massimo Mariani. Progetti 1980 - 2005 (Verba Volant, London 2005); Labyrinthos (Alinea, Firenze 1994). [x]

Alla metà degli anni 60 «nel settore dell’arredamento non vi erano strutture produttive cui riferirsi. Bisognava inventarsi quasi tutto se si voleva realizzare un progetto: ero un designer che diventava di volta in volta uomo di marketing o esperto di ingegnerizzazione del progetto [...] si veniva a creare un modo di lavorare [che] dava [all’azienda] non solo un prodotto, ma anche la filosofia del prodotto, con la capacità di saper collaborare a livello multidisciplinare con i responsabili degli specifici settori»[01].
Così, durante un’intervista, Giuseppe Raimondi tratteggiava il contesto produttivo-creativo italiano in un arco temporale divenuto poi fondamentale per la storia del disegno industriale, e a questa situazione culturale, con i dovuti distinguo connessi alle diverse caratteristiche produttive regionali, può essere significativamente accostato il milieu creativo che si stava addensando all’interno dell’azienda 1P di Calenzano (Firenze), una delle realtà produttive fondate da Giovanni Pofferi [02].

[01] La citazione è tratta da un’intervista rilasciata nel 1986 da Giuseppe Raimondi, citata in Beatrice Lerma, Giuseppe Raimondi e Gufram: nuove espressioni materiche, “AIS/Design storia e ricerche”, n.7, maggio 2012.

[02] Giovanni, figlio di Ulderigo Pofferi e Attilia Fratoni nasce a Prato il 1908, il suo esordio lavorativo è come venditore al dettaglio. Nei primi anni 30 vende “stracci” cioè la materia prima che ha caratterizzato l’industria tessile di Prato fino dal XIX secolo; con la rigenerazione dei “cenci” sono infatti ottenuti i filati impiegati per realizzare tessuti da commercializzare a prezzi molto bassi. Alla fine del 1940 Pofferi rileva un lanificio alle porte di Pistoia in località Gello che converte in seguito alla produzione di fibre rigenerate; tra i suoi clienti vi è anche il tappezziere bolognese Guido Fantoni con cui intraprende nel 1951 la produzione dei nuovi materassi a molle che ripropongono la tipologia già in uso in Francia a partire dagli anni 30. La “Fantoni e Pofferi - fabbricazione e vendita di materassi e affini” diviene il centro di produzione dal quale escono i primi esemplari di materasso “Piumaflex” rapidamente rinominato (nel settembre 1955) materasso “Permaflex” per evitare lo scontro legale con Pirelli che contemporaneamente ha posto sul mercato nuovi materassi in gommapiuma. L’ascesa del brand è favorita da una abilissima strategia di marketing ben finanziata e legata anche alla felice scelta del marchio creato dallo Studio Lenzi-Bologna, che vide l’omino in pigiama rigato protagonista della campagna pubblicitaria del materasso detto: “permanentemente flessibile”, da cui la crasi “Permaflex”. Tra la fine degli anni 50 e l’inizio del decennio successivo Italbed e Ondaflex si affiancano alla primitiva impresa di Pofferi che viene nominato Cavaliere del lavoro nel 1961. Pofferi muore a Lugano nel 1995. Una biografia industriale e politica dell’imprenditore è tracciata da Antonio Caminati, Il materasso dalle molle d’oro. La Permaflex l’Italbed e le altre imprese di Giovanni Pofferi, Ediesse, Roma, 1984. L’attività di Permaflex è indagata nei documenti, da Edoardo Cannata, L’intervento straordinario nel Mezzogiorno: l’esperienza della Permaflex, Tesi di laurea in economia e management, AA. 2012-2013, UniLuiss Roma.





Il logo Permaflex elaborato dallo Studio Lenzi-Bologna nella sconda metà degli anni 50. [x]

L’imprenditore pratese è noto per aver prodotto in Italia il materasso a molle “Permaflex” – inizialmente denominato “Piumaflex” –, per la creazione della Italbed e della Ondaflex nel 1957. Corollario della produzione del materasso di Pofferi fu una continua sperimentazione legata anche alle caratteristiche del materasso stesso che aveva, ad esempio, necessità di un supporto più rigido rispetto a quello “tradizionale”, esigenza che condusse verso la messa a punto di nuove reti, ovviamente prodotte direttamente in Italia dalla Ondaflex.

Pubblicità materassi “Piumaflex”, fine anni 50. [x]

Attrezzature per camera ospedaliera progette e realizzate da Italbed (segnalazione al X Premio Compasso d'Oro ADI 1970) | © photo: Fondazione ADI. [x]

Alcune pubblicità della «rete che non cigola» “Ondaflex”, anni 60. [x]

Nel medesimo periodo furono realizzati anche i letti, inizialmente prodotti da “Ilea, Industria Letti e Affini s.r.l.” poi trasformata in “Italbed Costruzione Letti e Affini”. Lo storico stabilimento di Gello venne ampliato per accogliere l’Italbed [03], nel contempo l’intuizione di sostituire le fibre vegetali nei materassi con un prodotto di sintesi costituì l’ouverture per una nuova impresa: la Elastoresine stabilitasi nel 1959 a Calenzano presso Firenze. Nel nuovo stabilimento – con la collaborazione tecnica di Aldo Cantini, perito chimico – venne sperimentato l’uso del poliuretano espanso (brevetto Bayer) costituito da una reazione di isocianato e poliolo, il cui esito industriale era un semilavorato disponibile in blocchi di 200 x 200 x 60 cm che, tagliati in spessori di pochi centimetri venivano usati in sostituzione delle fibre di cocco per coprire le carcasse a molle dei materassi.

[03] La sede dello stabilimento viene trasferita nel 1964 nella pianura a sud di Pistoia in un’area di 14.000 mq in prossimità dell’A11.

Sono questi anni chiave per le aziende fondate dall’imprenditore pratese poiché vedono la luce le prime pionieristiche sperimentazioni tra cui alcuni significativi elementi d’arredo presentati su scala nazionale. Un primo significativo prodotto di riferimento può essere riconosciuto nella “poltrona modulare” Permaflex 59 – disegnata da Pierluigi Spadolini con Mario Maioli – utilizzata per far parte dell’arredamento di un appartamento di alloggio popolare [04], proposto nel 1960 alla XII Triennnale di Milano come “alloggio tipo” la cui organizzazione fu appunto studiata dai due designer. La presenza della poltrona di Spadolini e Maioli all’esposizione milanese non è affatto da valutare come un caso ovvero frutto di abili strategie di marketing poiché in quegli stessi anni, in Toscana, la cultura del progetto industriale si sostanziava anche dell’attività formativa svolta da alcuni notevoli didatti e intellettuali, tra i quali un ruolo di spicco va sicuramente riconosciuto a Leonardo Ricci [05].

Pierluigi Spadolini, Mario Maioli, “Permaflex 59” - poltrona modulare, 1959, Permaflex. [x]

Pierluigi Spadolini, Mario Maioli, Progetto arredi di alloggio periferico, La Casa e la Scuola - XII Triennale di Milano 1960 | © photo Archivio Fotografico Trienale di Milano. [x]





Pierluigi Spadolini, Mario Maioli, Progetto arredi di alloggio periferico, La Casa e la Scuola - XII Triennale di Milano 1960. [x]





Pierluigi Spadolini, Mario Maioli, Progetto arredi di alloggio periferico, La Casa e la Scuola - XII Triennale di Milano 1960 | © photo Archivio Fotografico Trienale di Milano. [x]

[04] Si tratta di un quartiere coordinato CEP per Treviso al riguardo si veda sito dell'Archivio della Triennale di Milano (archivio.triennale.org).

[05] Corinna Vasić Vatovec, Leonardo Ricci architetto “esistenzialista”, Edifir, Firenze, 2005.

L’architetto fiorentino nei primi anni 60 era titolare, alla facoltà di Architettura, della cattedra di Decorazione al Triennio Applicativo [06], all’interno del quale aveva organizzato il corso di Industrial design nel quale lo studente era condotto all’indagine dell’«evoluzione della forma [e di come essa dovesse] essere soltanto la risultante plastica di una serie di componenti e non, al contrario un qualche cosa a priori di carattere decorativo e non appropriato all’oggetto da progettare»[07]. Il corso di Ricci – che fin dagli esordi vedrà la presenza dello stesso Spadolini nel ruolo chiave di “assistente” con esperienze maturate sul campo, fin dagli anni 50 (Gruppo Magneti Marelli, ICS, Lesa, Autovox, Graetz) – fu il primo corso di Industrial design [08] istituito in una facoltà di Architettura in Italia, cui seguirono quelli istituiti a Napoli e Milano [09]]. Non va peraltro dimenticato che, nella stessa area Permaflex-1P, in quegli anni vengono fondate l’azienda Poltronova [10] (1956) e, a Lucca, Martinelli Luce (1960) assieme ad altre aziende del settore che, globalmente considerate, rappresentano già un segnale tangibile della vitalità culturale-produttiva della Toscana nord-occidentale del periodo.

[06] Dove Ricci insegnava con Giorgio Gori e Leonardo Savioli.

[07] Leonardo Ricci, Decorazione, in Giovanni Klaus Koenig, G. Tarchiani (a cura di), Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Architettura, guida per gli studenti, 1959, Poligrafico Toscano, Firenze, p. 72.

[08] Come implicitamente accennato più sopra, si tratta di una forzatura terminologica ex post in quanto «la denominazione del corso, per esigenze di acquisizione ministeriale, che mai avrebbe potuto accettare un termine anglosassone, si piega all’ambigua dizione di Decorazione - Progettazione Artistica per l’Industria. L’incarico è affidato a Leonardo Ricci e Pierluigi Spadolini è nominato suo assistente, nella convinzione che la sua preparazione tecnico compositiva costituisca un valido contraltare alla prevedibile anarchia creativa professata dal titolare così come la sua esperienza professionale argine pragmatico alla libera teorizzazione dell’altro». Maria Cristina Tonelli, La scuola di design fiorentina, in Gabriele Corsani, Marco Bini (a cura di), La Facoltà di Architettura fra tradizione e cambiamento: atti del convegno di studi - Firenze, 29-30 aprile 2004, Firenze University Press, Firenze 2007.

[09] Giovanni Klaus Koenig, Ragguagli sulla nascita di Pier Luigi Spadolini designer, in Pier Luigi Spadolini: architettura e sistemi. Otto opere in mostra ad Agliana, catalogo della mostra, Dedalo, Bari, 1985. In proposito, si veda anche la scheda MuDeTo dedicata all'autore.

[10] Poltronova fu fondata ad Agliana, in provincia di Pistoia da Sergio Cammilli (al riguardo si veda: Sergio Cammilli, Fra pittura e design, EAD, Firenze, 1997) ed è significativo che nell’alveo tracciato dal pionieristico insegnamento di Ricci – e del centrale “assistente” Pierluigi Spadolini – si collocassero ad esempio anche i gruppi Archizoom e Superstudio, i primi al lavoro con Poltronova con l’iconico divano Superonda (1966) in poliuretano espanso, i secondi interpretando il medesimo materiale con la serie Sofo (1968) costituita da divani e poltrone componibili. Al riguardo si vedano: Anty Pansera, Il design del mobile italiano dal 1946 a oggi, Laterza, Roma Bari, 1990, p.72; Roberto Gargiani, Archizoom associati 1966-1974. Dall’onda pop alla superficie neutra, Mondadori Electa, Milano 2007.



Superstudio, Sofo, 1968, Poltronova



Archizoom, Superonda, 1966, Poltronova

L’innovazione, la sperimentazione di nuovi materiali, unitamente all’interesse imprenditoriale volto a potenziare le capacità produttive della Permaflex fecero sì che un significativo gruppo di designer avesse modo di dar seguito alle proprie intuizioni progettuali. Entrata in produzione alla fine del 1961 come Elastoresine e successivamente modificata per forma legale e denominazione sociale nel 1968, la 1P fu esempio emblematico di azienda che unì strettamente l’immagine del proprio prodotto all’uso/sperimentazione, quasi esclusivo, di un materiale: il poliuretano.

Dopo un periodo che vide la sede di Calenzano pressochè esclusivamente coinvolta (come Elastoresine) con la produzione di lastre in poliuretano espanso per i materassi Permaflex, tra la fine degli anni 60 e i primissimi anni 70, dal capannone industriale, della 1P (strategicamente collocato nei pressi del casello Firenze nord dell’Autostrada del Sole) furono prodotti anche una serie di arredi destinati a cambiare la concezione del domestic landscape [11] per citare il titolo della mostra-consacrazione per il design italiano allestita al MoMA di New York. Articoli assai poco conosciuti e valutati nella letteratura settoriale, ma che tuttavia ebbero un impatto forse più decisivo e concreto nella vita di molte famiglie italiane che conobbero gli imbottiti 1P anche attraverso un tramite comunicativo fondamentale per l’Italia per periodo – Carosello – che nel suo ventennale dominio televisivo (1957-1977) ebbe proprio Firenze come centro creativo e produttivo di rilievo dei cortometraggi pubblicitari (animati e non)[12].

L'immagine dell'insegna luminosa della 1P colta dall'Autostrada del Sole tratta da un video pubblicitario, anni 70. [x]

[11] La mostra, Italy: the new domestic landscape. Achievements and problems of Italian Design, a cura di Emilio Ambasz, venne allestita nel 1972 nella prestigiosa sede del Musem of Modern Art di New York (26 maggio - 11 settembre); il catalogo fu realizzato dell'editore fiorentino Centro Di.

[12] Si vedano in proposito le due pubblicazioni di riferimento realizzate da Fabrizio Nucci: Quando Firenze era la capitale del Carosello, “dossier” pubblicato sulla rivista “Microstoria” n. 56, X, aprile/giugno 2008 e, con Bruno Santini, Da Bidi bodi bù a Pitu pitum pa, NTE edizioni, Campi Bisenzio - Firenze 2010.

Dahlia

Tra i numerosi prodotti in catalogo occorre in primo luogo fare riferimento al progetto della poltrona Dahlia (1967) il cui concept iniziale, secondo alcune fonti testimoniali dell’epoca [13], si deve addirittura a Gio Ponti. Di fatto, quel che resta sicuramente documentato riguardo la messa a punto della poltrona è il decisivo intervento – e non certo in veste di mero finisseur – dell’architetto Emilio Guarnacci [14], figura chiave per l’azienda, anch’egli di formazione fiorentina, incaricato di seguire lo sviluppo di prototipi destinati a esaltare le qualità del poliuretrano espanso. Sin dalla fase sperimentale, il prodotto manifestò vistosi difetti di tenuta, «un primo prototipo», infatti, venne realizzato con un campione di materiale a bassa densità e le parti [...] assemblate con colla poliuretanica. La prima prova per testarne la deformabilità, [...] effettuata con una pressa» offrì «un risultato non [...] soddisfacente»[15]. Il prototipo presentava infatti rilevanti problemi di deformabilità che furono superati solo in seguito, ovvero con l’utilizzo di nuovo materiale Bayer: il poliuretano espanso indeformabile – il cosiddetto Dediflex [16] –, caratterizzato da una imbottitura strutturale e da un insieme di poliuretani espansi a densità-differenziate ovvero con valori di “sofficità” diversificati. Tale sistema (il cui brevetto Bayer venne immediatamente acquisito dalla 1P) consentiva l’eliminazione della struttura interna a sostegno del materiale di rivestimento utilizzata all’epoca nel mobile imbottito tradizionale. La definitiva gamma Dahlia condotta alla produzione finale – poltrona e divano a 3 posti – venne così completamente realizzata in poliuretano espanso indeformabile tagliato da blocco, mentre per l’appoggio a terra si ricorse a una cornice di massello di faggio verniciato con un ingombro di dimensioni ridotte rispetto al profilo delle sedute – quest’ultimo, di conseguenza, risultava “sospeso” sulla base in quanto aggettante di 5 cm su tutto il perimetro.

[13] Cfr. Claudio Vagnoni, Help Design, Gangemi, Roma, 2012; Luigi Pulcini, Uno Pi: i divani e le poltrone firmati Permaflex, “Il Metato”, n. 84, 2018. In proposito si veda anche il testo riportato più sotto alla nota [22].

[14] Guarnacci, nato a Fiume (oggi Rijeka - CR) l’8 settembre 1938, si laurea nel 1963 con una tesi che ha come relatore Raffaello Fagnoni. L’anno successivo è abilitato alla professione quando partecipa ad un concorso assieme a Paolo Felli e Pier Guido Fagnoni al concorso per la progettazione di una scuola media a Bologna con aule trasformabili e laboratori.

[15] Luigi Pulcini, Uno Pi: i divani e le poltrone firmati Permaflex, “Il Metato”, n. 84, 2018.

[16] Sulla comunicazione pubblicitaria e gli slogan per i prodotti 1P realizzati mediante l'utilizzo di questo innovativo materiale di sintesi riflette anche in Anna Maria Ortese, Le piccole persone, Adelphi, Milano, 2016, a cura di Angela Borghesi, in particolare al capitolo, Ferocia e mollezza, p. 223. Seu questo stesso tema si veda anche più sotto quanto riportato alla nota [17].

I poco seduttivi volumi essenziali di Dahlia, garantivano peraltro una sorprendente sensualità tattile in discreto contrasto con le forme razionali che delinevano la rigorosa silhouette della seduta. Grazie all'utilizzo del Dediflex, in ogni punto l'imbottitura del divano e delle poltrone offriva una diversa densità. Eliminata ogni struttura interna in legno o in altro materiale, l'insieme costituiva una funzionale struttura-imbottitura indeformabile, resistente, inalterabile nel tempo ed estremamente leggera. Tuttavia con Dahlia siamo ancora lontani dal repentino processo di progressiva “bombatura” che caratterizzerà gli articoli usciti successivamente sotto l’egida della 1P. Un processo che – anche sull'onda del crescente successo ottenuto dalle soubrette e dalle dive del cinema “maggiorate” – giocava sovente sulla valenza simbolica della “opulenza” femminile rinvenibile nelle forme assunte in quegli anni dalle sedute imbottite. Al punto che – più o meno a partire dal sistema di sedute Rezia –, una marcata evoluzione morfologica dei profili degli imbottiti, fortemente sostenuta dal settore comunicativo 1P, consentirà – anche in forza dell’enfasi dedicata in sede pubblicitaria alle “sevizie” praticate nella fase di collaudo dei prodotti –, d’insinuare addirittura l'insistere di analogie tra i pressoché inesistenti limiti d’uso previsti per la tipologia e le relazioni fra generi [17].

Pubblicità 1P, anni 70. Da notare, oltre all'equivoco termine "300.000 volte seviziata" declinato al femminile, l'inquietante parallelismo fra la posa adottata dalla modella (foto in basso a destra) e le deformazioni subite dalla poltrona durante la fase di collaudo. [x]

[17] Assimilabili a quelle del corpo femminile, le forme degli imbottiti 1P vennero per alcuni anni comunicate arrivando implicitamente a suggerire – peraltro nemmeno tanto velatamente –, un’estensione a tutto l’universo femminile della “disponibilità” al medesimo violento utilizzo sperimentato dalle macchine collaudatrici nei riguardi delle sedute imbottite. Equivalenza peraltro stigmatizzata, già a partire dal 1969, dalla serie Up disegnata da Gaetano Pesce per C&B (Cassina & Busnelli), articolo furniture riuscitissimo da intendersi anche come una sorta di manifesto “critico” in cui le forme esuberanti – per certi versi riconducibili a quelle del sistema componibile Rezia (1967) – della Up5 (aka Big Mama, Blow Up o La Mamma), vengono proposte “incatenate”, come quelle dei forzati, al rotondo pouff Up6.

[sopra] I profili della seduta Rezia e della Up5 a confronto (a sx); la seduta Rezia, progettata da Emilio Guarnacci e realizzata da 1P nel 1967 (a dx). [sotto] La Up5 “incatenata” al rotondo pouff Up6, entrambi i prodotti progettati da Gaetano Pesce e realizzate da C&B nel 1969. [x]





Se per un verso l’associazione (favorita dal ricorso a presenze femminili sedute o sdraiate, ovvero avvalendosi di analogie plastiche col corpo della donna o a sue parti) tra morfologie adottate per le sedute imbottite e la figura femminile è storicamente consolidata, d’altro canto, nei primissimi anni 70 l’agenzia bolognese Lenzi ebbe modo di proporre una declinazione persino “sadica” della già regressiva “condizione femminile” italica del periodo, tanto retriva e peculiare quanto criticabile. Come infatti segnala opportunamente Angela Borghesi, a partire dall’aprile 1971 sul settimanale “Grazia” si potevano osservare le sedute 1P «messe a dura prova da cinque grandi pistoni; in alcune immagini compaiono anche giovani donne mollemente sdraiate [...]. Lo slogan recita: “300.000 volte seviziate, un collaudo terribile... ma le poltrone UNO PI rimangono belle, bellissime!». Sotto lo slogan, la scritta: “... le poltrone UNO PI rimangono belle, bellissime. Potrete usare le poltrone 1P senza riguardi, con violenza: non è possibile maltrattarle più di noi. Ne scegliamo una per ogni modello e la sottoponiamo ad un collaudo terribile, la seviziamo 300.000 volte con una macchina che non perdona: è come usarla per 30 anni... ma le poltrone 1P rimangono belle, bellissime!”» Anna Maria Ortese, Le piccole persone, Adelphi, Milano, 2016, a cura di Angela Borghesi, capitolo, Ferocia e mollezza, p. 223. In proposito, come suggerito dalla stessa Borghesi, si veda anche: Elena Pellegrini, La donna-oggetto in pubblicità, con dieci interventi di Pasquale Barbella, Blow-up, Marsilio Editori, Venezia, 1977, p. 68.



Studio Lenzi-Bologna, due pagine pubblicitarie su rivista dedicata alla poltrona Nuava e al sistema Rezia, anni 70. [x]

Ma anche se il settore “comunicazione” avrà fin dagli esordi di 1P un ruolo strategico di assoluto rilievo, in questa sede è forse opportuno fare un ulteriore accenno al team di autori che, specie tra gli anni 60 e 70, ebbe modo di collaborare con l’azienda di Calenzano. Tra i designer che costituivano ciò che può essere definito l’ufficio stile della 1P vi era anche Felix Padovano [18], il quale, in contatto con Pierluigi Spadolini, avrà modo di lavorare con Guarnacci alla poltrona Rezia (1967) costituita da una struttura in acciaio a supporto di un materasso in poliuretano espanso indeformabile in Dediflex. Con Padovano all’epoca collaborano anche i disegnatori Gianfranco Gualtierotti [19], Paolo Barontini e il modellista Mauro Agostini e, più tardi, Massimo Petri [20]. Del gruppo di collaboratori dell’azienda fa parte anche il poco più che ventenne Claudio Vagnoni che, partecipe fin dalla fine degli anni 60 dell’esperienza 1P, in seguito ne offrirà una significativa sintesi che ben testimonia quale fosse l’ambiente – ad un tempo sinergico e sincretico – costituitosi all’epoca all’interno del pool di aziende guidate da Pofferi [21], ormai perfettamente in grado di proporre al mercato nazionale anche «mobili di arredamento oltre al famoso “materasso a molle”». Come racconta lo stesso designer romano, «nei vari stabilimenti» il giovane Vagnoni avrà modo d’incontrare e collaborare «con grandi designer: Gio Ponti per la sua poltrona Dhalia in poliuretano tagliato, Pierluigi Spadolini per il suo tavolo e sedie Boccio in “Baydur” poliuretano rigido e Fabio Lenci per il design della poltrona per i DC 10 Alitalia»[22].

[18] Nato a Pistoia nel 1928, Padovano si laurea a Firenze. Abilitato alla professione nel 1968 è inizialmente iscritto all’Albo degli Architetti della Toscana, quindi si trasferisce a Roma nel 1979. Alcune notizie sull'autore sono documentate in Vittorio Baracchi (cura di), Antologia di scrittori e artisti pistoiesi, Pistoia, 1958, p.187.

[19] Nato a Roma, consegue il diploma di scuola superiore a Pistoia, è assunto in Permaflex come progettista meccanico ma ben presto entra nel gruppo di ricerca per la produzione di arredi in poliuretano, lavora in 1P dal 1967 al 1975 a questa collaborazione il designer, (che ha lavorato ad esempio con Edra, Zanotta e Fasem), riconosce un indubbio debito formativo; al riguardo si veda Stefano Follesa, Pane e progetto. Il mestiere di designer, Angeli, Milano, 2009, pp.129-136; Gianfranco Gualtierotti, Permaflex: la mia scuola di design, in “Il Metato”, n.84, pp.24-29; e anche la scheda MuDeTo sull'autore.

[20] Nato a Viareggio - Lucca nel 1955, di formazione fiorentina, Petri inizia il proprio percorso professionale proprio alla 1P. Al riguardo si veda, Design atelier. Catalogo delle collezioni, s.d.

[21] Permaflex, Italbed, Ondaflex, 1P e, dal 1972, Aviointeriors – in seguito raccolte sotto la sigla del gruppo CIFA.

Sergio Lenci, Seat model 020 - seduta aereo di linea, 1970, 1P Sud (dal 1972 Aviointeriors) per DC-10 Aircraft. [x]

Sergio Lenci, Seat model 020 - seduta aereo di linea, 1970, 1P Sud (dal 1972 Aviointeriors) per DC-10 Aircraft. [x]

[22] Claudio Vagnoni, Help Design, Gangemi, Roma, 2012.

Rezia

Tra le prime applicazioni nazionali del poliuretano espanso nel settore furniture, il sistema Rezia – il cui prototipo venne ricavato con sagomati rettilinei tagliati da blocco – adottava alcune tecnologie originariamente concepite per il settore automobilistico. Il nuovo concetto costruttivo prevedeva l'utilizzo di un materasso in poliuretano sagomato su struttura in tubolare di acciaio. Per il molleggio erano state adottate molle a greca create dalla pluriennale esperienza Ondaflex, mentre la sagomatura ergonomica del materasso veniva garantita tramite tiranti plastici. Il sistema Rezia – composto da 3 soli elementi: poltrona, seduta angolare e bracciolo –, oltre ad alti livelli di comfort (immediatamente comunicati dalle generose proporzioni adottate), offriva una decisa flessibilità d’uso assicurata dall’ottimale predisposizione per l’aggregazione fra sedute di ogni elemento e dalla soluzione utilizzata per il bracciolo. Quest’ultimo, intelligentemente pensato come elemento additivo, forniva un ottimo compromesso formale sia come terminale di elementi aggregati in serie, sia come doppio complemento laterale se applicato nel caso “particolare” della poltrona singola. Molto riuscito anche sotto il profilo commerciale il sistema Rezia fu in verità uno dei grandi successi 1P, al punto che – al fine di ottimizzare le lavorazioni e i tempi di realizzazione del prodotto – si giunse a utilizzare internamente, come in una sorta di catena di montaggio, un sistema “rotante” di tavoli da tappezziere intorno cui lavorava un gruppo di operai, ognuno dei quali eseguiva solo alcune calcolate operazioni in modo che, a fine ciclo, il manufatto risultasse completamente rifinito [23].

[23] Gianfranco Gualtierotti, 1P. Nella galassia Giovanni Pofferi (Permaflex), comunicazione scritta inedita, 12 Settembre 2018.

Nel 1969, a soli due anni dai primi sperimentali approcci all’arredo imbottito di Dahlia e Rezia – ancorché, come segnalato industrialmente efficaci e formalmente ben condotti –, la 1P poteva già vantare una discreta gamma di proposte dai volumi ben bilanciati dal punto vista plastico, “moderni” nel linguaggio e agevolmente componibili – i sistemi Palòa, Pagrù – o comunque accostabili – i gruppi Malù, Gena, Boma – espressamente rivolti al mercato domestico – Ècuba, Orchidea, Sinoca, Falena – o a quello più decisamente contract – Isotra, F1, F2.

Claudio Vagnoni, Palòa - sistema componibile, 1969, 1P. [x]

Claudio Vagnoni, Pagrù - sistema componibile, 1969, 1P. [x]

Diego Mattu, Malù - elementi di seduta accostabili, 1969, 1P. [x]

Claudio Vagnoni, Gena - elementi di seduta e pouff accostabili, 1969. [x]

Emilio Guarnacci, Boma - tavolo ed elementi di seduta accostabili, 1969, 1P. [x]

Emilio Guarnacci, Ècuba - poltrona e divano 3 posti, 1969, 1P. [x]

1P, Orchidea - poltrona e divano 3 posti, 1969, 1P. [x]

Emilio Guarnacci, Sinoca - poltrona e divano 3 posti, 1969, 1P. [x]

Emilio Guarnacci, Falena - poltrona e divano 2 posti, 1969, 1P. [x]

Emilio Guarnacci, Isotra - sistema componibile di sedute e tavoli, 1969, 1P. [x]

Emilio Guarnacci, F1 - sistema componibile di sedute e tavoli, 1969, 1P. [x]

Emilio Guarnacci, Claudio Vagnoni, F2 - Sedla e poltroncina coordinabili, 1969, 1P. [x]

Boccio

Il 1969 è però anche l’anno del sistema Boccio [24] costituito da sei sinuose sedute a base triangolare e un tavolo rotondo in poliuretano rigido al quale lavorano Pierluigi Spadolini e Paolo Felli che, insieme a Gianni Leonardini, decidono sapientemente di utilizzare il materiale adottando specifiche nervature progettuali volte a irrigidire la struttura, garantendo in tal modo una forte plasticità sia all'insieme che, in particolare, al “corpo” delle sedute e al fusto del tavolo. Si tratta di un progetto legato al tema della componibilità – nel caso di Boccio sei “spicchi” accostabili a comporre un cerchio completo – che in quegli stessi anni era stato approfondito da altri designer che, pur sperimentando anch’essi – parzialmente o in toto – materiali poliuretanici [25], prediligevano accentuare nel progetto echi diversi da quelli evocati dal gruppo spadoliniano – è il caso, ad esempio, degli evidenti richiami pop presenti nel sistema Margherita progettato da Giuseppe Raimondi e Ugo Nespolo nel 1966 per Gufram: un tavolo in forma di fiore, appunto, di cui le sedie componibili riproponevano il profilo di una corolla.

[24] Giuseppe Chigiotti (a cura di), Pierluigi Spadolini. Il design, Cadmo, Fiesole - Firenze, 1998.

[25] Nel caso del sistema Margherita, citato più sotto, le sedute erano realizzate con «anima in fiberglass, imbottitura in poliuretano e rivestimento in Ciré». Beatrice Lerma, Giuseppe Raimondi e Gufram: nuove espressioni materiche, “AIS/Design Storia e Ricerche”, n. 7, maggio 2016 (www.aisdesign.org).

Giuseppe Raimondi, Ugo Nespolo, Margherita - sistema tavolo sedie, 1966, Gufram | photo courtesy: Wright - Auctions of Art and Design (www.wright20.com). [x]



Giuseppe Raimondi, Ugo Nespolo, Uski - sistema tavolo sedie, 1966, Gufram | © photo: Tajan - Ventes aux enchères (www.tajan.com). [x]

Il progetto per Boccio si muoveva piuttosto verso una ricerca di minimalismo teso a caratterizzare non solo il volume complessivo costituito dalle sedie accostate al tavolo – quasi un boccio chiuso –, ma anche il ruolo dell’arredo all’interno dello spazio. Come afferma lo stesso Paolo Felli il progetto voleva infatti «esaltare la possibilità di componibilità di un elemento di arredo, come il tavolo e le sue sedie, per una potenzialità di rappresentare in modo completamente diverso lo spazio vitale intorno a un tavolo da pranzo, nei diversi momenti di utilizzabilità del prodotto stesso»[26].

[26] Si veda, nella sezione “Testimonianze” di questa stessa pagina, il contributo di Paolo Felli.

Degno di nota è certamente il risultato plastico delle sedute del sistema Boccio in grado di proporre profili assai mutevoli al variare del punto di vista. Se la ricerca formale del progetto palesa debiti innegabili con l’ormai classica Panton chair [27], in Boccio le echeggiate sinuosità della seduta prodotta da Vitra nel 1968, sono ricondotte comunque a un disegno più “prudente” che – simulando la presenza di due tese cortine tessili laterali sotto la seduta – consente di evitare le arditezze statiche (e le corrispondenti fragilità) tipiche della più originale seduta “a sbalzo”. Assai più ardita si rivelerà invece la realizzazione del piano del tavolo (ø 140 cm) per il quale divenne necessario costruire uno stampo di notevoli dimensioni e procedere a una serie di sperimentazioni sull’uso dei componenti chimici. La difficoltà principale consisteva – di qui la scetticità degli stessi tecnici della Bayer circa la riuscita di un simile prodotto – nel fatto che il Baydur allo stato liquido deve aderire capillarmente in modo omogeneo allo stampo prima che si avvii la fase di solidificazione. In tal senso le notevoli dimensioni del tavolo erano sicuramente estreme. Ma un astuto escamotage individuato per risolvere la questione si rivelò finalmente efficace: la costruzione di una grande pressa che oltre a contenere lo stampo, nella fase di iniezione, lo faceva anche oscillare, in modo da consentire al materiale liquido di spargersi su tutto il piano, prima che avvenisse la reazione di indurimento [28]. Nonostante l'ottima (ancorchè onerosa) "soluzione" rintracciata, le notevoli dimensioni del tavolo e, di conseguenza, gli imgombri della parte posteriore delle sedute (circa 70 cm sia alla base che alla sommità) hanno forse costituito un gap progettuale e insediativo difficile da superare sul piano commerciale, riducendo drasticamente la capacità di penetrazione sul mercato di un progetto assai innovativo sia per i materiali, sia per il processo produttivo adottato, che però «anziché sfruttare le potenzialità che lo stampaggio a iniezione avrebbe potuto consentire nella grande serie»[29] non riuscì mai a superare le quantità necessarie a varcare la soglia della produzione d’élite.

[27] La famosissima sedia, ideata, nel 1959 da Werner Panton, è stata anch’essa, come il sistema Boccio, realizzata in Baydur stampato a iniezione.

Le sagome plastiche della seduta Boccio, realizzata da 1P nel 1969 (a sx), e della Panton chair, prodotta da Vitra nel 1968 (a dx), a confronto. [x]

[28] Gianfranco Gualtierotti, 1P. Nella galassia Giovanni Pofferi (Permaflex), comunicazione scritta inedita, 12 Settembre 2018.

[29] Si veda ancora, nella sezione “Testimonianze” di questa stessa pagina, il contributo di Paolo Felli.

Nuava

Al medesimo anno (1969) risalgono infine la poltrona Nuava, in poliuretano espanso a densità differenziata – progetto al quale lavorano Padovano e Guarnacci – e il sistema Duna, formato da sedute componibili con scocca in Baydur e imbottitura in poliuretano – progetto alla definizione del quale, oltre a Padovano e Guarnacci, partecipa anche il già citato Claudio Vagnoni.

Si tratta di due produzioni pressoché simmetriche, diametralmente opposte per intenti e target di riferimento che comunque evidenziano sia il talento procedurale/sintattico, sia l’ampio spettro d’efficacia raggiunto dalle capacità progettuali e intellettuali di Emilio Guarnacci, perfettamente a suo agio nel definire con precisione tanto il prodotto rivolto agli ambienti privati della media borghesia quanto gli articoli dedicati al sempre più emergente settore contract. Ma questa duplice prova d’autore certifica anche l’encomiabile empatia di Guarnacci nei riguardi di un’azienda furniture radicalmente differente dalle coeve operanti sul territorio nazionale.

Nessuna ascendenza artigianale, né tantomeno esplicite derive (ad esempio quelle filtrate dalla secolare tradizione ebanistica che in quegli stessi anni caratterizzavano e in parte ancora caratterizzano la produzione di divani classici e "scorniciati", realizzati in particolare nelle vicine Agliana e Quarrata)[30] sembrano di fatto disponibili come tangibili spunti creativi ovvero come inneschi validi a offrire “ragioni” progettuali per il disegno delle nuove sedute imbottite 1P. Anzi, procedendo in direzione d’una progressiva “levità” materiale e compositiva, nel corso di appena un paio d’anni la catena produttiva aziendale s’è ormai decisamente avviata verso il radicale abbandono di quella “struttura metallica” cui i primi esempi potevano ancora far appello. In buona sostanza, cioè, l’adozione esclusiva dei derivati del poliuretano – vuoi utilizzando il solo materiale autoportante elastico (Nuava) vuoi abbinando quest’ultimo a strutture plastiche rigide (Duna) – dal punto di vista del progetto formale costituisce una sorta di cul-de-sac, un vicolo cieco senza premesse, sottintesi, pretesti socialmente diffusi, o perlomeno consolidati, cui riferirsi.

[30] Cfr. Stefano Follesa, Pane e Progetto. Il mestiere di designer, Franco Angeli, Milano 2009 (in particolare l'intervista a Gianfranco Gualtierotti). Il riferimento ad Agliana coinvolge anche produzioni reputate per altri versi decisamente innovative. A una sorta di riflesso ecolalico di natura ebanistica (imputabile al patron Sergio Cammilli) non sfugge infatti nemmeno buona parte della “radicale” produzione di Poltronova dove quasi ogni proposta progettuale anche formalmente “eversiva” viene pressoché inevitabilmente “ricondotta” stutturalmente nonché realizzata materialmente in chiave lignea o comunque con modalità assai più tradizionali di quanto, a prima vista, ci si potrebbe aspettare. D'altro canto occorre rilevare che anche in contesti aziendali come la 1P, dove la «filiera produttiva [...] ha pochissimi riferimenti nella falegnameria tradizionale», il “saper fare” degli ebanisti addetti ai “master” di progetto è ancora essenziale in quanto i calchi delle forme finali continuano a essere prevalentemente «realizzati in legno e destinati al processo di termoformatura in sottovuoto oppure alla realizzazione di stampi, sempre destinati alla stessa lavorazione oppure da utilizzare allo stampaggio delle materie plastiche attraverso l’estrusione o per iniezione». Illuminante a tal proposito è l'intervista realizzata da Luigi Pulcini a Osvaldo Soriani che dopo alcuni anni passati alla Arte del Legno di Arrigo Nobili, negli anni 70 viene assunto come modellista presso la 1P. Qui, come dichiara lo stesso Soriani, «nella fase di studio e di prototipazione, i modelli erano sempre in legno. Per arrivare alla configurazione definitiva il rapporto con i progettisti era strettissimo e la sperimentazione e le modifiche in corso d’opera erano continue. Mi basavo sui disegni che mi venivano forniti dal progettista o dal designer. La completezza e chiarezza di elaborato grafico e la capacità del modellista di interpretarlo hanno una fondamentale importanza nella esecuzione di un modello nel modo più rapido, più preciso ed economico. Con l’ausilio dell’elaborato grafico si tracciano le varie parti costituenti il modello, un pezzo unico che prende corpo con un lavoro di tipo artigianale prevalentemente eseguito a mano con attrezzi e strumenti propri dell’ebanisteria come metro a ritiro, calibro, squadra a 90°, compasso a punte, punta per tracciare, oltre alla sega a mano, il pialletto, il mazzuolo, lo scalpello e la sgorbia, quest’ultimi normali o da applicare al tornio. Il modello può essere costituito da più parti che debbono essere connesse perfettamente ad incastro. Uno dei passaggi più impegnativi era quello di realizzare nel modello dei microfori che consentissero, nella fase di sottovuoto, di far aderire perfettamente alla sagoma in legno (o in metallo) la lastra in poliuretano che entrava nella macchina dove veniva serrata per essere riscaldata mediante apparecchiature a raggi infrarossi. Non appena la consistenza diveniva sufficientemente malleabile per essere formata sul modello si applicava il sottovuoto». Luigi Pulcini, Osvaldo Solari: l'arte dell'ebanisteria e non solo, in “Il Metato” n. 84, 2018. Tratta dal medesimo articolo appena citato, si veda inoltre la versione più estesa del contributo di Osvaldo Solari intervistato da Luigi Pulcini disponibile nella sezione “Testimonianze” di questa stessa pagina.

La decisa soluzione di continuità imposta dall’opzione realizzativa “monomateriale” della seduta imbottita, si ripercuote così nella drastica cesura determinata nelle opportunità morfologiche rese disponibili a un progettista inserito all’interno d’un contesto di “sequenze” astratte che, di fatto, non possono più “aspirare” ad alcun retroterra coerente cui appellarsi come “risorsa di senso”. Un contesto cioè talmente deraciné da risultare pressoché “ingiustificato” sotto il profilo della scelta morfologica. Per molti versi si tratta quindi di un ambito produttivo che non avendo più regole né memorie acquisite “forti” necessita e pretende che esse vadano “ri(n)tracciate” con acume e responsabilità [31]. E – volendo escludere il ricorso a idioletti, stilemi e idiosincrasie individuali del progettista – ciò accade prevalentemente in due sedi o direzioni condivise e/o condivisibili: a) all’interno dello stesso processo esecutivo industriale (regole endogene); b) in territori limitrofi, sfruttando magari corrispondenze “ulteriori” rispetto a quelle della secolare tradizione arredativa e sartoriale ma altrettanto immediatamente riconoscibili e accettabili dai più (regole esogene).

[31] La questione morfologica dei mobili imbottiti – divenuta dirompente negli anni 60 con l'avvento del poliuretano – viene peraltro acutamente discussa e problematizzata addirittura fin dagli anni 30, ovvero già all'epoca le primissime produzioni in gommapiuma. Assai prima dell'esperienza che vide Marco Zanuso protagonista nella Arflex, nel 1936 Franco Albini ha infatti modo di segnalare che: «La Gommapiuma [...] ha rivoluzionato [...] la forma delle poltrone. È questo uno dei casi in cui il gusto moderno trova nel materiale il mezzo per raggiungere forme nuove e caratteristiche riesaminando d’accapo i problemi formali di questo tipo di mobile. [...] Alcuni arredatori usano sovrapporre talvolta la Gommapiuma [...] ad una carcassa a molle, sostituendo l’imbottito di crine che di solito vi si stende sopra ottenendo naturalmente un risultato assai migliore. Questo sistema però non è caratteristico della natura del materiale, non mette in evidenza e non utilizza che in piccola parte i vantaggi che esso può offrire; tuttavia viene spesso adottato da chi, abituato l’occhio alle poltrone costruite coi vecchi metodi, non può immaginare una totale trasformazione nelle forme fissate dalla pratica di una tecnica ormai secolare, e si trova disorientato davanti alla nuovissima snellezza di una poltrona d’acciaio e di gomma». Franco Albini (a cura di), La Gommapiuma Pirelli alla VI Triennale Milano 1936 XIV, Editoriale Domus, Milano 1936, citato in Giampiero Bosoni, Franco Albini e la gommapiuma Pirelli. Per una storia della schiuma di lattice di caucciù in Italia (1933-1951), AIS/Design Storia e Ricerche, numero 4 novembre 2014, AISDesign.org (www.aisdesign.org)

In questo senso può essere utile il confronto tra due poltrone apparse contemporaneamente sul mercato, entrambe realizzate esclusivamente in poliuretano espanso: Nuava e Up5. Per quest’ultima, il ricorso alla mimesi figurativa (solco peraltro privilegiato anche dalla produzione Gufram con la collezione de I Multipli i cui primi esemplari risalgono all’anno precedente) appare immediatamente riconducibile a «caratteristiche anatomiche e inequivocabili riferimenti antropomorfi»[32]. Un tratto tipico dell’opera anche successiva di Gaetano Pesce, tramite il quale l’autore spezzino “inaugura” la tessitura e l’elaborazione di un “ponte” connettivo e di senso che si dimostra utile sia per il designer (in termini operativi e di definizione formale) che per il potenziale fruitore (in termini di riconoscibilità e adesione) al superamento dell’impasse dischiusa dal vacuum di “attese” plastiche che l’innovazione materiale e procedurale della fabbricazione industriale è venuta man mano a determinare per questi “nuovi” oggetti d’arredo.

La morfologia e i profili della seduta Nuava (a dx), progettata da Emilio Guarnacci e realizzata da 1P nel 1969 e quella della poltrona Up5 (a sx), progettata da Gaetano Pesce e anch'essa realizzata da C&B nel 1969. [x]

Alcuni prodotti nella cui definizione formale si può rilevare un evidente ricorso, ancorché ironico, alla mimesi figurativa, sono stati proposti da Gufram nella collezione de I Multipli nel corso degli anni 60 e 70. [x]

[32] s. a., B&B Italia: un’Industria per il Design, 2010, MeetDesign.BeBItalia.com (www.meetdesign.com)

Diversa solo in apparenza, la scelta di Guarnacci si dimostra incline a un’impostazione plastica più astratta, per certi versi riconducibile alle “armoniche” proporzioni geometriche elaborate da Cini Boeri (Boborelax, Arflex, 1967) e Zanuso (Lombrico, C&B, 1967), come è possibile rilevare considerando la sagomatura tripartita del profilo longitudinale delle sedute del gruppo Nuava – collezione che comprende poltrona, divano a 2 e 3 posti «forniti di scivolanti ruotanti o rotelle piroettanti per facilitarne lo spostamento»[33]. Ma la reprise del “classico” schema di curvature dorsali e sotto-coscia, nella sapiente regia di Guarnacci viene potentemente contraddetto (o perlomeno contrastato) da quello che può essere considerato un coup de théâtre: ovvero la giustapposizione di una “cornice” imbottita sovrapposta all’impianto base. Un unico nastro continuo, che funge da bracciolo laterale, poggiatesta e sotto-coscia, orla così in senso protettivo e ludico l’intera area di seduta rilevandone sensualmente le proporzioni – enfasi perimetrale nella quale, peraltro, non sarebbe improprio scorgere (e qui sta l’antinomia) persino il disegno di due labbra dischiuse prodigalmente (non è dato sapere se disposte a concedersi o pronte a rinserrarsi come quelle d’una gigantesca e surreale pianta carnivora) nei riguardi dell’ozioso fruitore.

Cini Boeri, Boborelax - seduta chaise-lounge, 1967, Arflex (in alto a sx); Marco Zanuso, Lombrico - seduta modulare, C&B, 1967 (a dx); Emilio Guarnacci, Nuava - poltrona e divano 2 e 3 posti, 1969 (in basso a sx). [x]

[33] Luigi Pulcini, Uno Pi: i divani e le poltrone firmati Permaflex, “Il Metato”, n. 84, 2018.

Ma anche non volendo tener conto di tale – subliminalmente maliziosa o granguignolesca – intenzione d’autore, l’esito plastico complessivo della seduta rimarca comunque la consumata propensione di Guarnacci a operare per addizione di elementi – nel caso di Nuava sono quattro gli stampi ideati per definire il comfort ottimale – lasciando libero spazio di manovra all’esegesi fruitiva personale, evitando cioè saggiamente sia di ricorrere a richiami morfologici “letteralmente” naturalistici o artropomorfici, sia ad una fredda logica meccanico-assemblativa di stampo meramente funzionale.

Duna

Una marcata fruibilità aggregativa e semplicità d’uso – anche se espressa in chiave ludicamente funzionale – sembra infine la sintesi vincente del progetto forse più ambizioso fra quelli presi in considerazione in questa sede: il sistema Duna. Progetto eminentemente “sintattico” – in cui non pare errato riconoscere l’eco potente di una delle “ossessioni” creative già teorizzate e praticate da Pierluigi Spadolini promuovendo la componibilità a un ruolo centrale all'interno del “metodo” progettuale –, il sistema Duna non si limita a “orchestrare” l’aggregazione delle sole sedute ma s’estende anche a complementi d’arredo integrati (i portariviste) e a tavolini (con ripiani in cristallo a incastro nella medesima struttura): ogni composizione minimale (compiuta) è a sua volta potenzialmente aggregabile in diverse combinazioni tramite il semplice assemblaggio con viti di un abaco assai ridotto (4) di elementi strutturali rigidi in resina poliuretanica espansa Baydur. All’interno di questa intelaiatura leggera ma consistente, composta da nicchie plastiche bianche o nere (con funzione di base rilevata, schienale ed elemento laterale), è quindi previsto l’inserimento di tre tipologie modulari di elementi imbottiti/cuscini (seduta, schienale e bracciolo) in poliuretano espanso a elasticità differenziata Dediflex e rivestiti con tessuti Veslam facilmente sfoderabili inizialmente realizzati in quattro varianti di colore: ocra, blu, corda, rosso.

Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Claudio Vagnoni, Duna - sistema componibile imbottiti, 1969, 1P - Industria Chimica per l'Arredamento | Visione d'insieme dei quattro elementi strutturali rigidi aggregati in Baydur | © & courtesy Panomo [x]

All’epoca, com’è possibile verificare tuttora, il sistema garantiva una notevole flessibilità d’uso degli spazi con già preventivate e illustrate innumerevoli soluzioni d’arredo gradevoli e riuscite, peraltro mantenendo sempre inalterata la possibilità di modificare nel tempo le disposizioni compositive prescelte. Poltrone, divani, soluzioni d’angolo con e senza braccioli non rappresentavano che una logica conseguenza di un piano installativo di grandi potenzialità specie se messe in relazione con la semplicità e rapidità d’esecuzione non solo dell’iniziale messa in opera delle strutture in loco ma anche, dal punto di vista gestionale, negli anni a seguire: i cuscini, come le strutture, potevano infatti essere facilmente riposizionati e sostituiti secondo le necessità intervenute in un secondo tempo consentendo di modificare in estrema libertà lo schema dell’installazione originaria.

In conclusione, è pertanto possibile convenire con quanto sostenuto – con una certa enfasi, ma non senza fondamento – sui cataloghi aziendali del periodo, ovvero laddove si rimarca che «l'eccezionale versatilità del sistema Duna ne permette l'impiego non solo per l'abitazione, ma anche per ambienti di vita collettiva come sale di riunione, sale per congressi, hall di alberghi, attese di aeroporti, stazioni, etc.», ottenendo ottime «soluzioni [...], per [...] contenuto di prestigio, di comfort, [...] eleganza, al di fuori di ogni vincolo dimensionale». Perfettamente in bilico fra cogenza e mitopoiesi, con Duna siamo cioè di fronte a una delle più avanzate espressioni del decennio «del componibile: infinite soluzioni che esaltano lo spazio e, senza alcun limite, possono modificarsi per vivere in nuove, raffinate composizioni»[34]. Una molteplicità di valenze e soluzioni dove l'approssimazione ai desideri arredativi più diversi si compie ed evolve con l'alchemica vitalità d'un gioco (o un rito) combinatorio il cui rigore incrementale, pertinenza e convenienza appaiono fondati su regole elementari immediatamente comprensibili a chiunque lo sperimenti anche soltanto per la prima volta.

[34] Scheda tecnica Duna Sistema, catalogo aziendale 1P, 1969.

Paolo Felli




Il Boccio ed il Fiocco (4750/57) sono il frutto di un periodo particolarmente vivo della collaborazione con Pierluigi Spadolini durante il quale il tema della componibilità è stato espressamente vissuto nel campo dell’edilizia (vedi sia il palazzo sede del quotidiano “La Nazione” che quello degli Affari a Firenze), ma che ha avuto nell’insegnamento presso la Cattedra di Progettazione Artistica per l’Industria, istituita nel 1970, una serie di verifiche nell’ambito dei corsi (che hanno avuto come temi la progettazione di arredi componibili e pareti divisorie per la scuola e l’ufficio) e che ha avuto un momento di ricerca professionale all’interno dello Studio Spadolini con la collaborazione di giovani appena diplomati dall’Istituto di Design di Porta Romana, creato in quegli anni da Pierluigi Spadolini, di cui mi piace ricordare in particolar modo il contributo di Gianni Leonardini che con noi collaborò nella progettazione di elementi componibili molto diversi per espressività e potenzialità compositive, come le pareti mobili per la sede della Confindustria di Roma e il Fiocco per la Kartell che fu progettato e realizzato in occasione dell’inaugurazione del palazzo dei Congressi, come supporto per le mostre di prodotti industriali che in quegli anni cominciavano ad affiancare le attività congressuali.
Sempre legato al tema della componibilità, nacque il sistema Boccio che voleva esaltare la possibilità di componibilità di un elemento di arredo, come il tavolo e le sue sedie, per una potenzialità di rappresentare in modo completamente diverso lo spazio vitale intorno a un tavolo da pranzo, nei diversi momenti di utilizzabilità del prodotto stesso.
La ricerca per la 1P, impresa di Pistoia, la quale utilizzava un nuovo materiale che consentiva, in relazione alla variabilità dello spessore all’interno dello stampo a iniezione, diversi livelli di consistenza, dalla rigidità alla morbidezza.
Naturalmente il progetto era nato e pensato per fornire un oggetto di qualità al grande pubblico, per una famiglia della piccola/media borghesia, ma come spesso accade nelle vicende umane, nel passaggio tra le volontà progettuali e le realtà operative, anziché sfruttare le potenzialità che lo stampaggio a iniezione avrebbe potuto consentire nella grande serie, per vicende interne alla produzione, ne furono prodotte alla fine solo un numero ridotto e con costi di mercato che lo hanno collocato poi accessibile soltanto ad un mondo di élite.

Pierluigi Spadolini, Paolo Felli, Gianni Leonardini, Boccio - sistema integrato di tavolo e sedute, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento. [x]

Autore / Author:

Paolo Felli

Luogo / Place:

Firenze

Data / Date:

07 ottobre 2015

Gianfranco Gualtierotti




Ogni pomeriggio, dopo aver fatto i compiti a casa, mi recavo in una officina dove riparavano le automobili. Ero affascinato da bielle, pistoni, cuscinetti, differenziali, carburatori ecc. Dopo le elementari frequento la scuola di avviamento industriale “Pacinotti” di Pistoia, quindi continuo le superiori fino a diventare tecnico meccanico.
Io volevo fare il meccanico di automobili, ma a causa del mio titolo di studio non trovai lavoro come operaio meccanico.
Dopo aver fatto domanda d'assunzione alla Permaflex, per entrare come impiegato, vengo però assunto (1967) provvisoriamente come operaio all’interno dell’officina che progettava e produceva le macchine per la realizzazione dei materassi a molle. In quella sede conosco e collaboro con Carlo Gori, un personaggio particolare: un inventore “pazzo”. Con lui imparo a progettare varie macchine e attrezzature fra cui: macchine per fare le molle, attrezzi vari per l’assemblaggio delle carcasse dei materassi ecc.
Nel 1967 vengo assunto (finalmente) come impiegato e vado ad affiancare il mio più grande maestro: l'architetto Emilio Guarnacci. Con lui inizia la mia avventura come progettista industriale. Come primo lavoro, collaboro con lui alla progettazione di casette prefabbricate, costruite con pannelli di poliuretano rigido dotati all’interno di tutti gli impianti per acqua, luce, gas ecc. I prototipi vengono poi montati in una fattoria del cavaliere Giovanni Pofferi proprietario della Permaflex.
La Permaflex aveva all’interno dello stabilimento un laboratorio chimico ed un reparto prototipi, dove facevamo varie sperimentazioni sulle (allora) nuove materie prime della Bayer. In quella sede, un giorno nasce l’idea di costruire le poltrone in poliuretano espanso, materiale fino ad allora usato esclusivamente dalla Permaflex come protezione e isolante per le carcasse dei materassi a molle.
Il risultato fu eccellente, in breve tempo ci fu modo di dimostrare che il poliuretano, se usato in densità e dimensioni idonee, poteva assolvere, oltre che a funzioni di comfort ed elasticità, anche a quelle strutturali. L’unico inconveniente di quel prototipo era che una volta sottoposto a forte compressione rimaneva deformato. Fu richiesto allora alla Bayer se fosse possibile trovare un formulato che permettesse di realizzare un poliuretano espanso indeformabile. Dalla Bayer risposero che ci stavano già lavorando, così dopo alcuni giorni arrivarono dei campioni di poliuretano espanso, in tre densità che presentavano una minima deformabilità. Fu così possibile (fine 1967) iniziare a costruire imbottiti con il nuovo materiale che andò a sostituire il lattice di gomma (gomma piuma).
Da questa idea e da questa esperienza nasceva allora a Calenzano (Firenze) la UNO PI (1P - Industria Chimica per l’Arredamento).
Vengo quindi trasferito alla UNO PI dove in breve viene allestito il nuovo laboratorio di ricerca chimica per l’arredamento, dove si sperimentano le varie materie prime che la Bayer ci inviava sotto forma di componenti miscelabili che opportunamente mischiati davano vita a vari materiali espansi, sia morbidi che rigidi (Schiumati, Integrali, Baydur ecc.) Anche grazie a questa opportunità di operare liberamente con materie assolutamente innovative gli anni che vanno dal ’67 al ’75 sono e saranno i più densamente formativi per la mia futura attività di designer.
In seguito collaboro alla ricerca e alla progettazione di vari prodotti, con varie tecnologie: dai prodotti realizzati con poliuretano espanso schiumato a freddo, a poltrone e tavoli in Baydur e/o in integrale. Collaboro alla progettazione dei sedili per gli aerei di linea quali DC-10 Europei, DC-9 presidenziali e gli Aerbus A-300 Europei Usando tecnologie innovative ricavate anche dal settore auto sulla base al mio amore per le automobili.
Per poter produrre le nuove sedute degli aerei venne poi aperta a Latina una nuova fabbrica, la Aviointeriors, dove venivano realizzate le componenti meccaniche dei sedili.
La progettazione avveniva prevalentemente nella sede centrale della Permaflex a Roma dove fui inviato per alcuni mesi. Appena venne allestito un buon ufficio di progettazione ritornai a Calenzano e da lì continuai a seguire le fasi prototipali e di industrializzazione di tutti i prodotti. Partivamo dalle prime materie chimiche sino ad arrivare al prodotto finito.
Per me è stata una grande scuola. Li ho cominciato ad interessarmi d’arredamento seguendo l’evoluzione dell’arte, della moda e del gusto. Visitando varie manifestazioni come i saloni del mobile di Milano, Parigi, Colonia e le fiere tecniche come Plast a Milano, Sasmil a Colonia ecc.
La UNO PI nel frattempo era diventata una grossa azienda, oltre alle materie prime produceva anche divani, poltrone, tavoli, sedie, sedili e componenti per aerei. Vi collaboravano designer famosi come gli architetti Pierluigi Spadolini, Sergio Lenci e vari altri designer interni.
Lo stabilimento ormai era diventato per me troppo grande. Sopra di me c’erano direttori di stabilimento, direttori di produzione e ingegneri vari. Fino ad allora dipendendo dalla sede centrale di Roma avevo lavorato sempre con l’architetto Guarnacci. Producevamo idee, inventavamo, sperimentavamo gestendo autonomamente l‘ufficio tecnico. Ora mi trovavo costretto a chiedere l’autorizzazione per usare macchine, operai, materiali ecc. Non sempre disponibili per esigenze di produzione.
Rassegno le mie dimissioni dalla 1P nei primi mesi del 1975.














Osvaldo Solari




Osvaldo Solari è nato nel 1936 a Senaia, un piccolo borgo rurale nei dintorni di Castiglion Fiorentino. [...] È il 1946 quando viene assunto in una bottega artigiana dove si realizzano e riparano carri e calessi. [...] Dopo questa prima esperienza viene assunto, prima da un falegname di Castiglion Fiorentino specializzato nella costruzione di infissi e poi in un laboratorio dove si producono camere da letto, soggiorni, salotti e cucine. Durante il servizio di leva è assegnato alla falegnameria della Caserma Cittadella di Casale Monferrato. [...] Dopo diciotto mesi di naja viene congedato e fa ritorno a casa dove trova ancora un lavoro in una falegnameria artigianale.
Ma la campagna aretina comincia a stargli stretta ed e sull’onda delle migrazioni interne che interessarono anche la Toscana, giunge a Pistoia. [...] Siamo all’inizio degli anni sessanta quando Osvaldo Solari affronta l’esperienza lavorativa che rappresenta forse il passaggio più formativo nella sua vita professionale. Questo accade quando viene assunto in una delle aziende più prestigiose della città: l’Arte del Legno del Comm. Arrigo Nobili che ha sede, dal 1946, in una porzione nel complesso monumentale di San Lorenzo realizzato tra il XIII ed il XIV sec. [...] È in questi enormi spazi che troverà sede alla fine del secondo conflitto mondiale l’azienda di Arrigo Nobili che aveva sede in un laboratorio artigiano in via di Porta San Marco. L’Arte del Legno all’epoca dell'assunzione di Osvaldo Solari, conta già oltre cento dipendenti e nel 1968 laboratori e uffici vengono trasferiti a San Pierino in Vincio in un moderno complesso industriale.

La produzione della “Arte del Legno” è sempre stata caratterizzata da un livello di qualità molto alto determinato da collaborazioni con progettisti e committenze di assoluto prestigio come il rifacimento della sede centrale della Cassa di Risparmio di Firenze curato da Giovanni Michelucci, la realizzazione della sede fiorentina della RAI, progettata da Italo Gamberini, per la quale vengono realizzati gli uffici e in particolare gli studi radiofonici e televisivi caratterizzati dalle soffittature in legno finalizzate a migliorarne l’acustica. L’Arte del Legno realizza per la Diocesi di Cesena e Sarsina gli arredi per la Cattedrale di quest’ultima località romagnola.
Arrigo Nobili in occasione dell’intervento di ampliamento della sede centrale della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia (1957 -1962) realizza gli arredi disegnati da Giovanni Michelucci che è anche il progettista dell’opera architettonica. Sempre per lo stesso architetto, l’azienda di piazza San Lorenzo realizza tavolini, sedie, il bancone - bar e gli espositori destinati all’Osteria del Gambero Rosso (1961-1963) posta nel Parco di Pinocchio a Collodi. Quando Osvaldo parla di quegli anni gli occhi gli si illuminano: ricorda con rispetto, gratitudine ed ammirazione il “Cavaliere” e molti dei colleghi con i quali si è trovato a lavorare. Oltre che con Michelucci e Gamberini l’azienda collabora con Pierluigi Spadolini alla realizzazione degli interni della sede centrale della Cassa di Risparmio di Pisa e quelli del Palazzo della Confindustria a Roma-EUR.

Nel 1973 si chiude per Osvaldo la lunga e feconda parentesi all’interno della falegnameria industriale “Arte del legno” che, di lì a poco, precipita in una crisi profonda che la condurra al fallimento. È a questo punto che per Solari si apre un nuovo capitolo: viene contattato dalla Uno Pi, l’azienda del gruppo Permaflex che si occupa di poltrone e divani realizzati con il poliuretano espanso prodotto in Germania dalla Bayer. Dovrà occuparsi del reparto falegnameria dove vengono sviluppati i modelli prevalentemente realizzati in legno e destinati al processo di termoformatura in sottovuoto oppure alla realizzazione di stampi, sempre destinati alla stessa lavorazione oppure da utilizzare allo stampaggio delle materie plastiche attraverso l’estrusione o per iniezione.
È un lavoro totalmente diverso dalle esperienze precedentemente maturate da Osvaldo, sia per le dimensioni dell’azienda che l’organizzazione della stessa ed anche per il fatto che la sua professionalità si va ad inserire in una filiera produttiva che ha pochissimi riferimenti nella falegnameria tradizionale. Così Osvaldo descrive questa mansione: «Questo tipo di professionalità nasce all’interno della metalmeccanica dove l’operaio specializzato costruisce, usando gesso, metallo, oppure legno, modelli di organi meccanici da cui ricavare impronte per la riproduzione degli organi stessi attraverso i getti di fusione. Oppure nell’ambito dell’industria automobilistica dove da sempre esistono laboratori interni specializzati nella realizzazione di modelli, sulla base dei quali si sviluppa prima la sperimentazione e poi s’incardina il processo produttivo legato in particolare alla realizzazione della carrozzeria».

«La realizzazione dei “master” o dei “modelli” si afferma anche nelle produzioni che utilizzano materie plastiche» e così prosegue «Alla Uno Pi, nella fase di studio e di prototipazione, i modelli erano sempre in legno. Per arrivare alla configurazione definitiva il rapporto con i progettisti era strettissimo e la sperimentazione e le modifiche in corso d’opera erano continue. Mi basavo sui disegni che mi venivano forniti dal progettista o dal designer. La completezza e chiarezza di elaborato grafico e la capacità del modellista di interpretarlo hanno una fondamentale importanza nella esecuzione di un modello nel modo più rapido, più preciso ed economico. Con l’a usilio dell’ebaborato grafico si tracciano le varie parti costituenti il modello, un pezzo unico che prende corpo con un lavoro di tipo artigianale prevalentemente eseguito a mano con attrezzi e strumenti propri dell’ebanisteria come metro a ritiro, calibro, squadra a 90°, compasso a punte, punta per tracciare, oltre alla sega a mano, il pialletto, il mazzuolo, lo scalpello e la sgorbia, quest’ultimi normali o da applicare al tornio. Il modello può essere costituito da più parti che debbono essere connesse perfettamente ad incastro. Uno dei passaggi più impegnativi era quello di realizzare nel modello dei microfori che consentissero, nella fase di sottovuoto, di fare aderire perfettamente alla sagoma in legno (o in metallo) la lastra in poliuretano che entrava nella macchina dove veniva serrata per essere riscaldata mediante apparecchiature a raggi infarossi. Non appena la consistenza diveniva sufficientemente malleabile per essere formata sul modello si applicava il sottovuoto».

All’interno del reparto falegnameria della Uno Pi [Solari] realizza i modelli legati alla produzione di elementi di arredo destinati alia casa, all’ufficio o agli interni di aeromobili, alla componentistica destinata all’industria automobilistica. La vicenda di Osvaldo si interseca con una ulteriore crisi: dopo quella vissuta all’interno della azienda di Arrigo Nobili, agli inizi degli anni ottanta vive l’epilogo dell’epopea dell’impero industriale di Giovanni Pofferi. È in quel periodo che entrano in una profonda crisi tutte le aziende del gruppo Permaflex e per Osvaldo si chiude un’altra importante parentesi. Dopo la Uno Pi non troverà difficoltà a trovare un nuovo lavoro ed approda alia Maltinti, azienda che ha sede tra Masotti e Serravalle Pistoiese e che si e sempre distinta per la qualità e il design delle sue cucine componibili. Raggiunta la pensione nella prima metà degli anni Novanta oggi ha tutto il tempo per dedicarsi all’hobby dell’ebanisteria, alla cura dei canarini che gli fanno compagnia nel laboratorio e alla sua collezione di apparecchi radio e grammofoni.

001	Pierluigi Spadolini, Paolo Felli, Gianni Leonardini, Boccio - sistema tavolo sedie, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
002	Pierluigi Spadolini, Paolo Felli, Gianni Leonardini, Boccio - sistema tavolo sedie, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Gianfranco Gualtierotti
003	Pierluigi Spadolini, Paolo Felli, Gianni Leonardini, Boccio - sistema tavolo sedie, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
004	Pierluigi Spadolini (inventore), 1P - Industria Chimica Per l'Arredamento (assegnatario), Furniture Unit, Brevetto USA # 3,822,078, July 2, 1974 | Abstract: Mobile composto da un tavolo con piano circolare e colonna centrale di sostegno e una pluralità di sedie. Le sedie sono definite da una parete continua sagomata di altezza inferiore a quella del piano del tavolo e con parti di sedile e schienale contenute all'interno di due piani inclinati. I bordi superiori delle parti posteriori sono arcuati e sono preferibilmente centrati su una linea di intersezione dei piani inclinati e hanno un raggio sostanzialmente uguale a quello del piano del tavolo | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento
005	Pierluigi Spadolini, Paolo Felli, Gianni Leonardini, Boccio - sistema tavolo sedie, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento
006	Pierluigi Spadolini (inventore), 1P - Industria Chimica Per l'Arredamento (assegnatario), Furniture Unit, Brevetto USA # 3,822,078, July 2, 1974 | Abstract: Mobile composto da un tavolo con piano circolare e colonna centrale di sostegno e una pluralità di sedie. Le sedie sono definite da una parete continua sagomata di altezza inferiore a quella del piano del tavolo e con parti di sedile e schienale contenute all'interno di due piani inclinati. I bordi superiori delle parti posteriori sono arcuati e sono preferibilmente centrati su una linea di intersezione dei piani inclinati e hanno un raggio sostanzialmente uguale a quello del piano del tavolo | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento
007	Pierluigi Spadolini, Paolo Felli, Gianni Leonardini, Boccio - sistema tavolo sedie, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © & courtesy 1stdibs - Antique and Modern Furniture
008	Pierluigi Spadolini, Paolo Felli, Gianni Leonardini, Boccio - sistema tavolo sedie, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © & courtesy 1stdibs - Antique and Modern Furniture
009	Pierluigi Spadolini, Paolo Felli, Gianni Leonardini, Boccio - sistema tavolo sedie, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © & courtesy 1stdibs - Antique and Modern Furniture
010	La copertina del volume, Pierluigi Spadolini. Il design – a cura di Giuseppe Chigiotti (Edizioni Cadmo, 1998) –, in cui è riprodotta la sagoma plastica della sedia Boccio
011	Pierluigi Spadolini, Paolo Felli, Gianni Leonardini, Boccio - sistema tavolo sedie, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © & courtesy 1stdibs - Antique and Modern Furniture
012	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Claudio Vagnoni, Duna - sistema componibile imbottiti, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
013	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Claudio Vagnoni, Duna - sistema componibile imbottiti, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
014	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Claudio Vagnoni, Duna - sistema componibile imbottiti, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
015	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Claudio Vagnoni, Duna - sistema componibile imbottiti, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
016	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Claudio Vagnoni, Duna - sistema componibile imbottiti, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Gianfranco Gualtierotti
017	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Claudio Vagnoni, Duna - sistema componibile imbottiti, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Gianfranco Gualtierotti
018	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Claudio Vagnoni, Duna - sistema componibile imbottiti, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
019	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Claudio Vagnoni, Duna - sistema componibile imbottiti, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © & courtesy Panomo
020	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Claudio Vagnoni, Duna - sistema componibile imbottiti, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © & courtesy Panomo
021	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Nuava - gruppo sedute conversazione imbottite, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
022	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Nuava - gruppo sedute conversazione imbottite, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
023	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Nuava - gruppo sedute conversazione imbottite, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Gianfranco Gualtierotti
024	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Nuava - gruppo sedute conversazione imbottite, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
025	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Nuava - gruppo sedute conversazione imbottite, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
026	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Nuava - gruppo sedute conversazione imbottite, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
027	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Nuava - gruppo sedute conversazione imbottite, 1969, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
028	Studio Lenzi-Bologna, pagina pubblicitaria su rivista dedicata al gruppo sedute conversazione Nuava, anni 70
029	Emilio Guarnacci, Felix Padovano Rezia - sistema componibile imbottiti, 1967, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
030	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Rezia - sistema componibile imbottiti, 1967, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
031	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Rezia - sistema componibile imbottiti, 1967, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
032	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Rezia - sistema componibile imbottiti, 1967, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Gianfranco Gualtierotti
033	Emilio Guarnacci, Felix Padovano, Rezia - sistema componibile imbottiti, 1967, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
034	Studio Lenzi-Bologna, pagina pubblicitaria su rivista dedicata al sistema Rezia, anni 70
035	Emilio Guarnacci, Dahlia - gruppo sedute conversazione imbottite, 1967, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
036	Emilio Guarnacci, Dahlia - gruppo sedute conversazione imbottite, 1967, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
037	Emilio Guarnacci, Dahlia - gruppo sedute conversazione imbottite, 1967, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci
038	Emilio Guarnacci, Dahlia - gruppo sedute conversazione imbottite, 1967, 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento | © 1P | Uno Pi - Industria Chimica per l'Arredamento, courtesy Emilio Guarnacci

1969 Boccio - sistema sistema tavolo sedie 

Tavolo e sedie realizzati in Baydur con la possibilità di formare un volume unico o di aprirsi per ospitare sei persone a tavola. Una forma plastica conclusa ed aperta insieme; composta di elementi (6+1) realizzati in una nuova materia plastica cellulare della Bayer, che accoppia una notevole leggerezza ad elevate rigidità e resistenza raggiunte con specifiche nervature di progetto e creando sinuose concavità e convessità su schienali, sedute e fusto del tavolo.



Materiali e tecniche: Baydur a iniezione


Misure: cm 72 h. x 140 ø (tavolo) | cm 67 h. (sedie)


1969 Duna - sistema componibile imbottiti 

Sistema di sedute assemblabili e componibili (brevettato da 1P), con scocca in resina poliuretanica espansa rigida Baydur e imbottitura in poliuretano espanso a densità differenziata Dediflex. Costituito da sole quattro strutture e tre cuscini – che variamente composti fra loro determinano infinite soluzioni di poltrone, pouf, divani, divani d’angolo con e senza braccioli nonché tavolini per soggiorno –, il sistema è presentato in due versioni di colore, bianco e nero semilucidi per quanto riguarda le strutture (in Baydur), mentre i cuscini sono rivestiti in tessuto Veslam in quattro varianti di colore: ocra, bleu, corda, rosso. La versatilità del sistema ne permette l'impiego aggregato dei suoi componenti non solo per l'abitazione, ma anche per ambienti di vita collettiva come sale di riunione, sale per congressi, hall di alberghi, attese di aeroporti, stazioni, etc. In ogni momento l'insieme già realizzato potrà essere modificato nelle sue forme o ampliato con il semplice inserimento di cuscini e di nuovi elementi strutturali.



Materiali e tecniche: Scocca in resina poliuretanica espansa Baydur e piani in cristallo


Materiali e tecniche: Imbottitura in poliuretano espanso a densità differenziata Dediflex


Misure: cm 95 l. x 78 p. x 75 h. (poltrona) | cm 150 l. x 78 p. x 75 h. (divano 2 posti)


Misure: cm 98 l. x 58 p. x 45 h. (tavolino rettangolare) | cm 98 l. x 98 p. x 45 h. (tavolino quadrato)


1969 Nuava - gruppo sedute conversazione imbottite 

Un equilibrio di volumi determina la linea che caratterizza poltrona e divano a due o tre posti, tutti realizzati completamente in poliuretano espanso schiumato a densità differenziata Dediflex. Quattro stampi consentono la definizione ottimale del comfort. Il sistema è dotato di appoggi a terra piroettanti o scivolanti per facilitarne l'eventuale spostamento. Ogni elemento del gruppo è un plastico insieme determinato da superfici avvolgenti, che vivono in modo diverso ed assumono carattere particolare nella vasta scelta dei tessuti. I rivestimenti in grossa lana bouclé e tessuti elasticizzati sono in grado di avvolgere la linea decisa del modello conferendo un aspetto continuo e compatto al profilo sinuoso delle sedute.



Materiali e tecniche: Struttura-imbottitura in Dediflex schiumato


Misure: cm 96 l. x 97 p. x 87 h. (poltrona) | cm 196 l. x 97 p. x 87 h. (divano 3 posti)


1967 Rezia - sistema componibile imbottiti 

Sistema componibile di 3 elementi: poltrona, seduta angolare e bracciolo. La poltrona, priva di braccioli risulta aggregabile in divani (a n sedute) anch'essi con o senza braccioli laterali, con possibilità di realizzare strutture più complesse ad angolo. Struttura in tubolare di acciaio, contornata da un materasso di poliuretano espanso indeformabie Dediflex appoggiato su un molleggio Ondaflex. Il materasso viene sagomato ergonomicamente tramite tiranti plastici. Il sistema prevede sostegni predisposti per il collegamento tra sedute. Rivestimenti con tessuti e pelli sintetiche in una vasta gamma di disegni e colori. Con forti giochi di chiaroscuro dovuti ad un deciso movimento di volumi plastici, il sistema manifesta una forma dinamica plastica che, realizzando un comfort totale, offre, per la sua componibilità, molte soluzioni arredative.



Materiali e tecniche: Struttura e rete metallica con imbottitura in Dediflex su molleggio Ondaflex


Misure: cm 82 l. x 75 h. x 95 p. (poltrona) / cm 75 l. x 75 h. x 95 p. (pol. senza braccioli)


Misure: cm 157 l. x 75 h. x 95 p. (divano 2 posti) / cm 150 l. x 75 h. x 95 p. (div. 2 posti senza braccioli)


Misure: cm 215 l. x 215 h. x 95 p. (ingombro angolo 90°)


1967 Dahlia - gruppo sedute conversazione imbottite 

Divano a 2 posti e poltrona a struttura elastica differenziata Dediflex. In ogni punto l'imbottitura del divano e delle poltrone ha una diversa densità per essere in una cosa sola struttura e morbida imbottitura. Eliminata ogni struttura interna in legno o in altro materiale, l'insieme costituisce una funzionale struttura-imbottitura indeformabile, resistente, inalterabile nel tempo. Il cuscino è asportabile. Il tutto è leggero, facilmente spostabile per creare nell'ambiente, nuovi, intimi ed eleganti angoli di soggiorno.



Materiali e tecniche: Struttura-imbottitura in Dediflex tagliato da blocco


Misure: cm 190 l. x 80 p. x 48 h.f. / 73 h.r. (divano) | cm 90 l. x 85 p. x 48 h.f. / 73 h.r. (poltrona)

1932-‘00	name:	Pierluigi Spadolini
1938	name:	Emilio Guarnacci
1939	name:	Paolo Felli
1945	name:	Claudio Vagnoni
[...]	name:	Felix Padovano
[...]	name:	Gianni Leonardini

1967-‘86	name:	1P - Industria Chimica per l'Arredamento

...

[...]

	Pierluigi Spadolini: un maestro del ‘900 scritto e diretto da Felice Limosani / regia: Cristina Sammartano
2022	© video: Firenze Fiera
	Poltrona 1P - Sinfonia delle macchine
2015	© video: UPAadvgraffiti
	Milano, Salone del Mobile - CIAC Compagnia Italiana Attualità Cinematografiche (Caleidoscopio Ciac / C2130 / 04 ottobre)
1973	© video: Archivio Luce
	Milano, Mostra dell'arredamento - CIAC Compagnia Italiana Attualità Cinematografiche (Caleidoscopio Ciac / C2082 / 06 ottobre)
1972	© video: Archivio Luce

2018	Gianfranco Gualtierotti, Permaflex: la mia scuola di design, in “Il Metato” n. 84
2018	Luigi Pulcini, Uno Pi: i divani e le poltrone firmati Permaflex, in “Il Metato” n. 84
2018	Luigi Pulcini, Osvaldo Solari: l'arte dell'ebanisteria e non solo, in “Il Metato” n. 84
2012-‘13	Edoardo Cannata, L’intervento straordinario per il Mezzogiorno: l’esperienza della Permaflex, Tesi di Laurea in Economia e Management, Università Luis - Roma, AA. 2012-2013
2012	Claudio Vagnoni, Help Design, Gangemi - Roma
2011-‘12	Simona Scopelliti, Il design degli anni Sessanta e Settanta, Tesi di Laurea in Storia delle Arti, Università Ca’Foscari - Venezia, AA. 2011-2012
2011	Giuliana Gramigna, Repertorio del design italiano 1950-2000 per l'arredamento domestico, Umberto Allemandi, Torino
2009	Stefano Follesa, Pane e Progetto. Il mestiere di designer, Franco Angeli, Milano
2006	Luigi Pulcini, Bidibodibu bidibodie, in “Microstoria” n. 45, febbraio
2000	Lando Bortolotti, Giuseppe De Luca, Come nasce un’area metropolitana: Firenze, Prato, Pistoia: 1848-2000, Alinea - Firenze
1998	Giuseppe Chigiotti (a cura di), Pierluigi Spadolini. Il design, Cadmo - Fiesole - Firenze
1984	Antonio Caminati, Il materasso dalla molle d’oro, Ediesse - Roma
1974	Pierluigi Spadolini (inventore), 1P (assegnatario), Furniture Unit, Brevetto USA # 3,822,078, July 2
...	Design atelier. Catalogo delle collezioni

Paolo Felli | CSPE - Centro Studi Progettazione Edilizia
Piazzale Donatello 29
50132 Firenze
phone +39 055 5000701
fax +39 055 5001253
staff@cspe.net
www.cspe.net/

Gianfranco Gualtierotti
via Morelli Gualtierotti 17
51100 Pistoia
phone +39 0573 402374 / 338 2083616
fax +39 0573 402374
gualtierottidesign@gmail.com
www.gualtierotti.com

Emilio Guarnacci
Via Giovanni dei Marignolli, 94
50127 - Firenze
phone +39 055 368132
e.guarnacci@tin.it

Archivio Eredi Pierluigi Spadolini  

Maria Bendetta Spadolini
Facoltà di Architettura di Genova
spadol@arch.unige.it
www.arch.unige.it

Guido Lorenzo Spadolini
Spadolini & Architetti
via Gabriele D’Annunzio 159
50135 Firenze
phone +39 055 610529
www.spadoliniarchitetti.com

Tommaso Spadolini
Design Studio Spadolini
via delle Campora, 19/12
50124 Firenze
phone +39 055 223558
info@spadolini.it
www.spadolini.it

Claudio Vagnoni
Via Vigese, 2/4
00141 - Roma
phone +39 06 4554 6220 | 393 905 2470
claudiovagnoni@gmail.com