di: Umberto Rovelli 

Umberto Rovelli (Bologna, 1962). Laureato in Architettura, dal 1996 al 2018 è socio di Blue Klein, web agency impegnata nel campo multimediale per la promozione della cultura del progetto su Internet. Dal 2005 dirige la rivista IdeaMagazine.net. Dal 2008 al 2016 cura gli aggiornamenti del web ADI Toscana progettato da Blue Klein. Socio ADI dal 2010 al 2015, è curatore dei volumi MuDeTo Collection I.-V. (MuDeTo, Firenze 2014-'21), Mauro Pasquinelli Designer (Bandecchi&Vivaldi, Pontedera 2013) e Interviste sul Progetto (Franco Angeli, Milano 2011). Ha collaborato con le riviste “Op. cit.”, “Juliet Design Magazine”, “Paesaggio Urbano”, “ReportBio”, “Firenze Spettacolo”. Ha pubblicato contributi in: Adriano Piazzesi (Pontecorboli, Firenze 2016); Vincenzo Missanelli. Opere con un'antologia critica (Bandecchi&Vivaldi, Pontedera 2015); Antonio Possenti un lungo viaggio (Pacini Fazzi, Lucca 2013); Adriano Piazzesi. Arte nel silenzio (Polistampa, Firenze 2012); Massimo Mariani. Progetti 1980 - 2005 (Verba Volant, London 2005); Labyrinthos (Alinea, Firenze 1994). [x]

Progettata da Mauro Pasquinelli nel 1975, la sedia smontabile Nodo ha avuto un percorso produttivo abbastanza sofferto e tortuoso e, forse, non ancora del tutto compiuto. Al suo esordio con l'azienda friulana Pallavisini venne presentata alla fiera di Colonia del 1976 col nome di Lucia e solo l'anno successivo la seduta entrerà a far parte delle proposte di Tisettanta con la nuova denominazione. Passati alcuni anni il progetto tornerà nelle mani del progettista che ne proporrà una riedizione di dimensioni leggermente superiori con un'altra azienda friulana, Mathias, nel 1994.
Per tale motivo, in modo abbastanza inusuale per quel concerne i prodotti presentati nella collezione MuDeTo, la soglia temporale di riferimento adottata per la seduta è stata la data di progetto. La dimensione «autorale» assumerà forse una rilevanza non propriamente idonea a comprendere appieno la complessità del fenomeno design, ma – perlomeno in questo caso – esistono ragioni affatto peculiari che giustificano tale scelta.

In primo luogo di ordine sincronico. La «microstoria» di uno dei più interessanti esiti estetico-funzionali scaturiti dall'incontro fra territorio d’impresa friulano e cultura del progetto toscana, s'intreccia infatti fin dagli inizi con la «macrostoria» territoriale, ovvero la trama assai più potente e pervasiva della tragedia nazionale che ha come epicentro Gemona e Artegna.
Come chiunque può ben immaginare, il sisma che nel maggio 1976 sconvolge il Friuli avrà facilmente ragione anche degli ottimi riscontri ottenuti – proprio all'inizio del medesimo anno – dalla Lucia presente alla Fiera di Colonia nello stand di Pallavisini. Determinando di fatto, in un rapporto sincero (anche se a tratti difficile) e, fino a quel momento, coronato da notevoli e ripetuti successi non soltanto quantitativi, una impasse di non poco conto e che porterà il designer a rapportarsi anche al di fuori di quella enclave friulana che, tutto sommato, l'aveva (lui, progettista outsider in più sensi) così fortunosamente bene accolto.

Sebbene a fronte della calamità territoriale possa apparire cinico, l'occasione di spostare il fulcro operativo verso Milano era davvero appetibile per il designer toscano. A fronte di una comprensibile difficoltà di Pallavisini ad ottemperare impegni produttivi, commerciali e distributivi con la necessaria tempestività, Lucia, era uscita dalla kermesse tedesca con un notevole attivo. Le veniva infatti riconosciuta, pressoché unanimemente, un garbo lucido e sapiente nell'affrontare un tema assai impegnativo: combinare la millenaria tradizione contadina e artigianale lignea a quella squisitamente manifatturiera del metallo. Offrendo, tra l'altro, una versione compositiva di tale connubio tanto sobria e asciutta quanto decisa nel dichiarare materie e funzioni in una sorta di fiera contrapposizione esaltata dalla netta bicromia che focalizzava l'attenzione proprio sul giunto centrale che, in particolare dal punto di vista delle sollecitazioni sopportate, appariva davvero estremo e «azzardato».

Forte anche del fascino profuso su molti addetti al settore (fra cui non va dimenticata Annig Sarian da tempo coinvolta proprio con Tisettanta), la seduta di Pasquinelli avrà così modo, tra la fine del 1976 e l'inizio del '77 di confrontarsi (e, purtroppo, anche di scontrarsi) con i primi segnali di una sempre più crescente rilevanza dell'apporto «comunicativo» ai fini del successo di un prodotto nonché del ruolo giocato dalla consistenza strategico-identitaria in aziende forse non ancora design oriented ma che comunque stanno muovendo i primi passi per diventarlo.

La sedia smontabile di Pasquinelli è genialmente risolta dal punto di vista formale, ma tale sintesi formale, occorre ricordarlo, è soprattutto la lucida conseguenza di quasi un decennio di pensiero progettuale dedicato al tema del «controllo» dello spazio determinato dalla esigenza di riducibilità degli oggetti presenti nell'ambiente domestico, ma non solo. L'argomento è infatti sì attinente al contesto (per molti aspetti incognito al progettista) in cui il prodotto si troverà ma pertiene questioni forse ancor più «profonde» come, ad esempio, la necessità di ordine (fortemente sentita da Pasquinelli) e, soprattutto, ricerca esplicitamente di confrontarsi con la dimensione temporale (quantitativamente rilevantissima) del non-uso degli oggetti (cui anche tramite la ricerca formale l'autore offre convincenti risposte).

Questa dimensione non esplicita del progetto avrà, negli anni a venire, una sorta di rivalutazione (anche se soprattutto incentrata su settori diversi dal furniture domestico e contract) da parte del nuovissimo design italiano a cavallo tra XX e XXI secolo (altrimenti detto, secondo la formula defuschiana, «il design che prima non c'era»), non a caso molto attento sia all'uso reale rilevabile con l'osservazione dei comportamenti domestici dell'utente finale sia allo «spreco» immotivato di risorse. Ma, come appare nel caso in questione (anche sull'abbrivio di un mercato assai più gravido di promesse espansive) l'imprenditoria della seconda metà degli anni '70, non sembrò molto disponibile ad accogliere questo tipo di attenzioni e accortezze di sapore forse fin troppo artigianale, quando non addirittura classificate come ingenuamente romantiche.

Comunque sia, a metà degli anni '70, già da alcuni anni Pasquinelli (e in questo non diversamente da altri autori tra gli anni '60 e '70 – toscani e non) s'è posto il problema emergente della crescente riduzione di spazi nelle case contemporanee. Ma, in particolare, il designer ha ormai interiorizzato due nessi progettuali importanti: 1) il discrimine reale fra sedute pieghevoli e smontabili consiste perlopiù nel diverso grado di comfort ottenibile; 2) le esigenze dell'imballaggio possono incidere fortemente sui costi di un prodotto e, di conseguenza, anche sul potenziale target di acquirenti. Di conseguenza il suo approccio al «controllo» degli spazi (con l'approfondimento dello studio tecnico della componibilità dei materiali nonché la ricerca volta allo studio del giunto per consentire la riduzione dell'abaco di elementi in gioco nel progetto) s'intreccia con due temi concretissimi: a) la comodità della seduta; b) la spinta a ridurre il peso della componente del packaging sui costi complessivi.

Come accennato, però, nonostante siano queste alcune delle direttive fondanti del progetto, Lucia ha modo di affascinare molti addetti al settore non tanto per i concetti che ne hanno innervato ed animato la ricerca, quanto piuttosto per la grazia (dato niente affatto trascurabile) con la quale Pasquinelli è riuscito a dar corpo e sostanza ai propri obiettivi sperimentali. Al punto che non sarebbe del tutto improprio affermare che il progetto di Pasquinelli non venga affatto «compreso» nel suo senso più cogente proprio in ragione della sua intensa coerenza formale. Ma questa lettura, contribuirebbe a «ridurre» la questione ad uno sterile dibattito tra «formalisti» e «funzionalisti», e non favorirebbe la comprensione del valore del progetto di Pasquinelli che va letteralmente oltre questi due orizzonti «faziosi».

La seduta possiede infatti un quid quasi magico e fanciullesco insieme: il suo montaggio ricorda da vicino un «gioco da ragazzi» e pure il suo profilo iconico, così asciutto ed essenziale sembra la plastica manifestazione di una sterminata quantità di disegni infantili. Si tratta a tutti gli effetti di una congerie archetipica che, prima ancora d'essercisi fisicamente imbattuti, è già in noi: un déjà vu in cui risuona qualcosa che ci appartiene intimamente, par coeur.
Ma anche tale «confidenza» e «semplicità» non è alla fin fine che il tratto paradossale di una seduta nella quale, una volta montata, non permane più alcuna sensazione effimera. Essa anzi poggia tetragona come un piccolo trono austero, e l'impressione più viva e potente che ne promana è semmai la perturbante evocazione della silva nel cuore più segreto e «rassicurato» della domus. Come un'emissaria del «dio» legno in visita nelle nostre case, la seduta è nuntius di un oltre inumano e a tratti terribile che convive nella nostra dimora: un extra moenia non controllabile che è antitetico al dominio progettuale. Ne è anzi la nemesi in quanto non ascrivibile minimamente alla sfera del proprium, ovvero di quel che è a nostra disposizione.

E viste le forze che animano e che echeggiano nel progetto, non stupisce affatto che (complice, come detto, Annig Sarian) Pasquinelli abbia avuto buon gioco ad entrare (senza peraltro averlo mai preteso) nella ristretta cerchia di autori di quella che all'epoca era un'emergente e interessante realtà Brianzola provvista di eccellenti potenzialità, interessi e velleità produttive e comunicative. L'azienda Pallavisini viene ben presto convinta dei vantaggi della trasmigrazione – anche tramite il coinvolgimento come terzista su cospicue quantità di altri prodotti Tisettanta – e a cedere di concerto la «paternità» progettuale. Ciò peraltro senza mai disinteressarsi della produzione che sarà comunque garantita da Pallavisini per tutte le parti lignee del progetto.

L'interesse di Tisettanta verso quella che, con un perspicace mutamento di «genere», si ritroverà trasformata in Nodo (databile con qualche approssimazione già all'indomani della Fiera di Colonia) è, come accennato più sopra, strettamente dipendente da alcune stimmate della scuola fiorentina che il progetto certo non nasconde. Ma se, per un'azienda già molto attenta a mantenere una coerenza stilistica interna e a salvaguardare l'identità del brand, appaiono sicuramente convincenti sia l'esaltazione sintattica che sta alla base della composizione della seduta, sia la calibrata ponderazione dei pesi e delle linee in gioco, sia la netta e marcata scansione cromatico-materica tra legno e metallo, al contempo Tisettanta pare assai meno ricettiva all'altro peculiare imprinting regionale rilevabile nel progetto: ovvero «il ruolo centrale che la componibilità ha (...) all'interno del "metodo" progettuale»[01].

[01] Fabio Fabbrizzi, Opere e progetti di scuola fiorentina 1968-2008, Alinea, 2008.

Da tale sottostima deriva, quasi come corollario, una sorta di complessiva «re-interpretazione» del ruolo e del peso delle parti in gioco. L'equilibrio di forze pensate e risolte da Pasquinelli come un compromesso estetico/pratico in Lucia, sotto l'egida della divergente strategia di Tisettanta, anziché essere ottimizzato e perfezionato, in Nodo smarrisce la propria identità e coerenza, finendo piuttosto col sancire il decadimento di buona parte dei connotati della «componibilità» originaria. Dunque, non casualmente, «rileggendo» l'intero progetto secondo modalità ulteriori rispetto a quelle originali, il senso tutto operativo del giunto mediano smarrisce in parte le proprie performance, i connotati funzionali e le prospettive pratico-logistiche.

In Lucia il montaggio è discretamente gestibile e il packaging ormai ridotto all'imballaggio dei vari elementi ancora separati. Una volta montate seduta e schienale costituiscono, di fatto, un corpo unico mentre le gambe (dotate di spinotti metallici in modo da ridurre al minimo le diverse dilatazioni dei materiali) sono incassate a spinta nel giunto ottenuto dalla saldatura di due tubi trafilati in alluminio – sedile e gamba posteriore – su un terzo tubo trafilato curvato a macchina di sostegno per la gamba anteriore e lo schienale.
La scelta adottata da Pallavisini e Pasquinelli per Lucia non convince però Tisettanta che nemmeno sembra credere più di tanto nell'ipotesi di commercializzare un prodotto realmente «montabile». Dopo alcune prove (in modo del tutto autonomo e senza peraltro consultare il progettista) l'azienda decide quindi di adottare uno snodo ottenuto dall'accoppiamento di due porzioni longitudinali realizzate per fusione in lega zama. Le due porzioni, quasi-gemelle, si incastrano in una morsa lievemente elissoidale che lascia a vista una scanalatura regolabile tramite una vite a brugola (accessibile dal lato «interno» dello snodo). La compensazione delle variazioni di spessore che il legno può subire con il variare del tempo e dell’umidità avviene agendo direttamente sulla morsa di tenuta delle due parti del giunto.

In estrema sintesi le differenze più evidenti fra Lucia e Nodo sono pertanto: 1) un sostanziale indebolimento della capacità di risposta alle sollecitazioni del giunto bipartito; 2) la definitiva rinuncia alla riducibilità (di fatto la sedia Nodo viene commercializzata montata); 3) un approccio opposto al problema di compatibilità nel tempo fra i due materiali (metallo e legno) sollecitati: nel primo caso si tendeva a omologare il legno al metallo (con l'inserimento di spinotti metallici), nel secondo si tendeva di uniformare il metallo al legno (garantendo la possibilità di stringere o allentare tramite brugola le due porzioni metalliche).

Non è questa la sede per stabilire torti ed errori di valutazione delle opposte fazioni in campo, ma se da un lato appare evidente che i due prodotti – per quanto formalmente identici – nascondano profonde differenze a livello di «scenario», d'altro canto non si può fare a meno di notare che l'esito produttivo originario, sebbene viziato da qualche ingenuità esecutiva (tra l'altro pienamente giustificabili trattandosi della prima uscita fieristica del prodotto) recava con sé una dote assai cospicua. Il campione Lucia, realizzato come detto da Pallavisini, aveva infatti ottenuto, il 23 luglio 1976, la certificazione del CATAS - Centro Assistenza Tecnica Aziende del settore per le Sedie in legno (assenza di difetti riscontrati dopo 53.000 colpi). Al contrario, per il campione di Nodo, il cedimento del giunto alla soglia dei 1000 cicli significherà la chiusura dell'assai promettente mercato americano apertosi per il vivo interesse al prodotto manifestato da parte della Thonet americana.

Non migliore fortuna avrà in seguito la versione (sensibilmente più grande rispetto alle precedenti e con giunto metallico ottenuto da un'unica fusione in alluminio) della seduta commercializzata – smontata – da Mathias tra il 1994 e il 2010. Per cui, in ultima analisi, considerati gli esiti delle tre versioni, potremmo con ragione definire tuttora la sedia Nodo|Lucia una «offerta progettuale» che – al pari della partitura bachiana evocata – attende ancora la sua ottimale «strumentazione», oltre che il suo adeguato esecutore.

E se un portato informativo (per non dire una morale) va serbato dalla microstoria di questa seduta premiata (con la Menzione d'Onore al Compasso d’Oro ADI nel 1979) e ben nota non solo dagli addetti ai lavori, il caso di Nodo rivela assai bene come ad un altissimo consenso «virtuale» (o, meglio ancora, ad una potente e condivisa energia «immaginaria») non sempre – anche se, più propriamente, si dovrebbe affermare quasi mai – corrisponda un adeguato e consistente riscontro «quantitativo» sul piano reale – della Nodo saranno infatti prodotti «solo» circa 10.000 esemplari. E ciò accade forse in misura non trascurabile nel campo progettuale e creativo proprio in quanto tendere e avvicinarsi all'ideale (il modello, l'archetipo) equivale parimenti ad aumentare il rischio del fallimento operativo e concreto. Poiché l'ideale (la sua autorevolezza, il suo potere reputazionale e di indirizzo) «non è qualcosa di reale. Informa la pratica, la orienta come una stella lontana, ma non può essere seguito alla lettera»[02].

[02] James Hillman, L’anima del mondo, Rizzoli, Milano 1999.

Sicché ammettendo che, con la sedia Nodo, Pasquinelli ha avuto modo di arrivare proprio laddove solo ai grandi «maestri» di semplicità e rigore è dato talvolta di riuscire, dovremmo altresì avvertire che tale destino è inevitabilmente anche doloroso in quanto la prossimità all'ideale avvertita dai «maestri» non è mai preludio alla conquista. Anzi l’esperienza della prossimità al modello ideale è forse persino più lancinante della distanza avvertita dal dilettante. Perché è proprio nell'esperienza così coinvolgente della prossimità che è dato finalmente al «maestro» di avvertire quanto sia impossibile «far proprio» il modello. Ovvero quanto egli, pur così vicino, rimanga al medesimo tempo irrimediabilmente distante dall’agognata meta.

Adolfo Natalini (Pistoia, 1941 – Firenze, 2020)




per Mauro Pasquinelli
e a tutte le
sue sedie sapienti,
ringraziando

Caro Pasquinelli ho ricevuto il suo libro [*] e l’ho sfogliato con curiosità ritrovandoci tante sedie che avevo visto ed altre che non conoscevo... La mia frequentazione del design è stata breve e di scarso successo.
Non sono mai riuscito a fare i numeri della sua Eva e neanche quelli delle altre sue sedie più sfortunate.
L’unica sedia mia “di successo” (la Stammgast della Driade) vendeva 200 esemplari l’anno!
Abbiamo fatto lavori diversi – noi due – lei disegnata forni e di notte e nei giorni liberi disegnava sedie che riempivano le case e facevano la fortuna degli industriali.
Io disegnavo sogni, fantasie, manifesti d’avanguardia e cercavo di diventar architetto.
Però credo che qualcosa abbiamo in comune: la passione per il lavoro, per un lavoro ben fatto in cui la mano dell’uomo guida la macchina come prima guidava la sgorbia e la pialla.
Mi ha fatto piacere leggere questa storia di un lungo, incessante e appassionato lavoro.
La ringrazio per avermene fatto partecipare.
Con stima e un pensiero amichevole

Adolfo Natalini 22.11.2013

[*]. Il volume cui si accenna nella lettera è Mauro Pasquinelli Designer, intervista-portfolio, a cura di Umberto Rovelli, pubblicato in tiratura limitata da Bandecchi &Vivaldi, Pontedera 2013. [x]

Titolo / Title:

per Mauro Pasquinelli e a tutte le sue sedie sapienti, ringraziando

Autore / Author:

Adolfo Natalini

Luogo / Place:

Firenze

Data / Date:

22 novembre 2013

001	Mauro Pasquinelli, Lucia - sedia smontabile, Pallavisini 1976. Lo stand Pallavisini alla Fiera di Colonia del 1976. | courtesy by Mauro Pasquinelli | © Pallavisini + Mauro Pasquinelli
002	Mauro Pasquinelli, Lucia - sedia smontabile, Pallavisini 1976. Lo stand Pallavisini alla Fiera di Colonia del 1976. | courtesy by Mauro Pasquinelli | © Pallavisini + Mauro Pasquinelli
003	Mauro Pasquinelli, Lucia - sedia smontabile, Pallavisini 1976. Una immagine della seduta presentata alla Fiera di Colonia da Pallavisini del 1976, pubblicata sul numero di marzo della rivista "md" - Möbel Interior design. | courtesy by Mauro Pasquinelli | © "md" - Möbel Interior design.
004	La cover del numero di marzo 1976 della rivista tedesca © "md" - Möbel Interior design (a destra) ed estratti del redazionale dedicato alla sedia smontabile Lucia di Mauro Pasquinelli, seduta presentata alla Fiera di Colonia da Pallavisini del 1976. | courtesy by Mauro Pasquinelli | © "md" - Möbel Interior design.
005	Mauro Pasquinelli, Lucia - sedia smontabile, Pallavisini 1976. Giunto in metallo della seduta ottenuto dalla saldatura di due tubi trafilati (sedile e gamba posteriore) su un terzo tubo trafilato curvato a macchina di sostegno per la gamba anteriore e lo schienale.| courtesy by Mauro Pasquinelli | © Pallavisini + Mauro Pasquinelli
006	Certificazione del CATAS (Centro Assistenza Tecnica Aziende del settore per le Sedie in legno) del 23 luglio 1976 relativa al campione della sedia smontabile Lucia di Mauro Pasquinelli, presentata alla Fiera di Colonia da Pallavisini del 1976. | courtesy by Mauro Pasquinelli | © Pallavisini + Mauro Pasquinelli + CATAS
007	Mauro Pasquinelli, Nodo - sedia smontabile, Tisettanta - edizione 1977. | courtesy by Mauro Pasquinelli | © Mauro Pasquinelli
008	Mauro Pasquinelli, Nodo - sedia smontabile (seduta in legno e in canna – smontata), Tisettanta - edizione 1977. (estratto da: Umberto Rovelli (a cura di), Mauro Pasquinelli Designer, Bandecchi & Vivaldi - Pontedera - Pisa). | courtesy by Mauro Pasquinelli | © Liberto Perugi
009	Mauro Pasquinelli, Nodo - sedia smontabile (seduta in legno e in canna), Tisettanta - edizione 1977. (estratto da: Umberto Rovelli (a cura di), Mauro Pasquinelli Designer, Bandecchi & Vivaldi - Pontedera - Pisa). | courtesy by Mauro Pasquinelli | © Liberto Perugi
010	Mauro Pasquinelli, Nodo - sedia smontabile (seduta in legno e in canna), Tisettanta - edizione 1977. (estratto da: Umberto Rovelli (a cura di), Mauro Pasquinelli Designer, Bandecchi & Vivaldi - Pontedera - Pisa). | courtesy by Mauro Pasquinelli | © Liberto Perugi
011	Mauro Pasquinelli, Nodo - sedia smontabile, Tisettanta - edizione 1977. (estratto da: Umberto Rovelli (a cura di), Mauro Pasquinelli Designer, Bandecchi & Vivaldi - Pontedera - Pisa). | courtesy by Mauro Pasquinelli | © Liberto Perugi
012	Mauro Pasquinelli, Nodo - sedia smontabile, Tisettanta - edizione 1977. Giunto in metallo della seduta ottenuto dall'accoppiamento di due porzioni longitudinali realizzate per fusione. Le due porzioni quasi-gemelle (a sinistra la porzione «esterna» e a destra quella «interna») si incastrano in una morsa lievemente elissoidale che lascia a vista una scanalatura regolabile tramite una vite a brugola (accessibile dal lato «interno» dello snodo). La compensazione delle variazioni di spessore che il legno può subire con il variare del tempo e dell’umidità vien ottenuta agendo direttamente sulla morsa di tenuta (immagine al centro) delle due parti del giunto. (estratto da: Umberto Rovelli (a cura di), Mauro Pasquinelli Designer, Bandecchi & Vivaldi - Pontedera - Pisa). | courtesy by Mauro Pasquinelli | © Mauro Pasquinelli
013	Mauro Pasquinelli, Nodo - sedia smontabile, Tisettanta - edizione 1977. (estratto da: Luca Vivanti, Tisettanta. Quarant'anni di design. Quarant'anni di casa, Electa - Milano) | © Tisettanta
014	Mauro Pasquinelli, Nodo - sedia smontabile, Tisettanta - edizione 1977. (estratto da: Luca Vivanti, Tisettanta. Quarant'anni di design. Quarant'anni di casa, Electa - Milano) | © Tisettanta
015	Mauro Pasquinelli, Nodo - sedia smontabile, Mathias - riedizione 1994 (estratto da: Anna A. Lombardi, Distretto della sedia: design tra passato e futuro, Franco Angeli - Milano) | © Mathias
016	Mauro Pasquinelli, Nodo - sedia smontabile, Mathias - riedizione 1994. | courtesy by Mauro Pasquinelli | © Mauro Pasquinelli
017	Mauro Pasquinelli, Nodo - sedia smontabile, Mathias - riedizione 1994. | courtesy by Mauro Pasquinelli | © Mauro Pasquinelli
018	Mauro Pasquinelli, Nodo - sedia smontabile (seduta in legno e in canna), Mathias (riedizione 1994). | courtesy by Anna A. Lombardi | © Mathias
019	Mauro Pasquinelli, Nodo - sedia smontabile, Mathias - riedizione 1994. | courtesy by Anna A. Lombardi | © Mathias
020	Mauro Pasquinelli, Nodo - sedia smontabile (seduta in canna), Mathias - riedizione 1994. | courtesy by Anna A. Lombardi | © Mathias
021	Mauro Pasquinelli, Nodo - sedia smontabile, Mathias - riedizione 1994. | courtesy by Anna A. Lombardi | © Mathias
022	Studio 06 (Massimo Guglielmotto, Paolo Mattiolo, Roberto Guardini), Less - prototipo sedia, 2012 | Il progetto vincitore del primo premio al Promosedia International Design Competition 2011 - Caiazza Memorial Challenge è generato (per usare le parole degli stessi autori) a partire da una «attenta ricerca dello snodo a forma di “k”, che si connota come elemento caratterizzante». Sono abbastanza evidenti i «debiti» concettuali di questa proposta (per certi versi meno «estrema» nella forma del giunto e meno ergonomica nella soluzione dello schienale di quella ideata quasi quarant'anni prima da Mauro Pasquinelli). Ma ben al di là di ogni raffronto, conta rimarcare come proprio in forza di questo tardo «omaggio» – che vede probabilmente inconsapevoli protagonisti sia la giuria udinese sia gli autori – la qualità dell'idea originaria di Pasquinelli appaia forse ancora con più evidenza rispetto ai non fortunatissimi esiti realizzativi colti con Tisettanta e Mathias. | © Studio06

Sedia smontabile in legno con giunto metallico tubolare quadripartito dedicato all'innesto di schienale, seduta, gamba anteriore e posteriore.

Nella versione Tisettanta, lo snodo era ottenuto dall'accoppiamento di due porzioni longitudinali realizzate per fusione in lega zama. Le due porzioni, quasi-gemelle, si incastravano in una morsa lievemente elissoidale che lasciava a vista una scanalatura regolabile tramite una vite a brugola (accessibile dal lato «interno» dello snodo). La compensazione delle variazioni di spessore che il legno avrebbe potuto subire con il variare del tempo e dell’umidità – all’uscita sul mercato è circa del 12-13% – avveniva agendo direttamente sulla morsa di tenuta delle due parti del giunto.

Una precedente versione del giunto realizzato in occasione della presentazione della seduta (all'epoca nominata Lucia) presso lo stand dell'azienda friulana Pallavisini alla Fiera di Colonia del 1976 era ottenuto tramite saldatura di due tubi trafilati (sedile e gamba posteriore) su un terzo tubo trafilato curvato a macchina di sostegno per la gamba anteriore e lo schienale.
La seduta e lo schienale erano connessi tramite un doppio innesto metallico (uscente dalle «guide» di seduta che si inserivano in un apposito vano dei ritti dello schienale) gestibile dall'esterno e quindi, di fatto costuivano un corpo unico, mentre le gambe (dotate di spinotti metallici in modo da ridurre al minimo le performance di dilatazione dei diversi materiali) erano incassate nel giunto a spinta.
Il campione Lucia, realizzato come detto da Pallavisini, ottenne la certificazione del CATAS – Centro Assistenza Tecnica Aziende del settore per le Sedie in legno – del 23 luglio 1976 (assenza di difetti riscontrati dopo 53.000 colpi).

Sia nel caso di Lucia (giunto versione Pallavisini) che di Nodo (giunto versione Tisettanta), le componenti lignee della seduta erano realizzate da Pallavisini.

Nella versione Mathias (in cui la seduta viene realizzata con dimensioni leggermente superiori) il giunto metallico è ottenuto da un'unica fusione in alluminio.

1931	name:	Mauro Pasquinelli

1970	name:	Tisettanta
1988	name:	Mathias (riedizione)

2017	Mostra Legno: Passione Design. Le "Sedie Sapienti" di Mauro Pasquinelli, Showroom Calligaris Idea Arredo, 20 -27 maggio - Scandicci - Firenze
2017	Mostra Legno: Passione Design. Mauro Pasquinelli, UDesign Week, I.S.I.S. "Arturo" Malignani, 28 febbraio - 10 marzo - Udine
1989	Mostra Two Generations of Designers, ICSID International Council of Societies of Industrial Design - Köln (D), Chicago (USA) Neo Com
1988	Mostra Due Generazioni di Designer, ADI FVG, ICSID International Council of Societies of Industrial Design - XXII Salone Internazionale della Sedia di Udine
1981	Segnalazione d’Onore a Bio 9 - Biennale di disegno industriale - Ljubljana
1979	Menzione d’Onore al XI Premio Compasso d’Oro ADI - Milano

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2013	Anna A. Lombardi, Distretto della sedia: design tra passato e futuro Franco Angeli - Milano
2013	Umberto Rovelli (a cura di), Mauro Pasquinelli Designer Bandecchi & Vivaldi - Pontederea - Pisa
2012	AA.VV., Werther Toffoloni. Per sedersi Galleria regionale d’arte contemporanea Luigi Spazzapan di Gradisca d’Isonzo - Gorizia
2012	Mauro Pasquinelli, Umberto Rovelli, L’ordine discreto del progetto industriale ADI Toscana, 12, 2012
2012	Mauro Pasquinelli, Umberto Rovelli, L’ordine discreto del progetto industriale "IdeaMagazine.net", Firenze
2011	Luca Vivanti, Tisettanta. Quarant’anni di design. Quarant’anni di casa Electa - Milano
2007	Giuliana Gramigna, Le fabbriche del design. I produttori dell'arredamento domestico in Italia, Umberto Allemandi, Torino
2003	Giuliana Gramigna, Repertorio del design italiano 1950-2000 per l'arredamento domestico, vol. 1, Umberto Allemandi, Torino
1980	Alfonso Grassi, Anty Pansera, Atlante del design italiano. 1940/1980, Gruppo Fabbri Editore, Milano

Tisettanta
via Tofane, 37
20833 Giussano | Monza e Brianza
phone +39 0362 3191
info@tisettanta.it
www.tisettanta.it

Mathias
via Nazionale, 97
33048 San Giovanni al Natisone - Udine
phone +39 0432 757035
fax +39 0432 757643
info@mathias.it

Mauro Pasquinelli Designer
via Savonarola, 5
50018 Scandicci - Firenze
phone +39 055 253765
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