VESPA 50
Quella qui proposta è la versione integrale dell'articolo Vespa 50. Piccola e pungente, originariamente pubblicata da Matteo Comoglio sulle pagine de “La Manovella”, anno LII, n° 11, novembre 2012, la rivista ASI - Automotoclub Storico Italiano, diretta da Roberto Valentini (che ringraziamo sentitamente per il consenso alla pubblicazione in questa sede) ed edita da ASI Service srl, Torino.
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Per chi li ha vissuti, i primi anni 60 sono stati qualcosa di unico, un periodo indimenticabile e irripetibile. Le città sono sempre più popolate e un relativo benessere si sta diffondendo anche fra le fasce della popolazione che non molto tempo prima potevano permettersi ben poco. I juke-box si diffondono insieme alla televisione e i bar diventano punto di ritrovo per i ragazzi, che sempre di più seguono la moda americana. Il “twist” sta diventando un ballo popolarissimo, con le ginocchia piegate e il ritmo incalzante. Istituti e licei sono affollati da adolescenti che finalmente possono accedere all’istruzione grazie al benessere delle famiglie. In questo clima di euforia, il marketing e la pubblicità delle diverse aziende non sta fermo a guardare. La pubblicità è sempre più presente nella vita quotidiana, con immagini colorate e d’impatto, come ha insegnato la “scuola” americana ai grafici italiani. Le Case costruttrici di automobili e motociclette cercano affannosamente di riempire tutti gli spazi vuoti della produzione, occupando ogni possibile segmento per non rimanere indietro. In particolare, la Piaggio, industria che ormai ha una fama internazionale grazie alla Vespa, cerca un modo nuovo per potersi avvicinare ai giovani. Lo scooter di Pontedera rimane infatti l’oggetto più desiderato fra i teenager. Avere una Vespa era qualcosa di più, voleva dire non dover prendere l’autobus per andare a scuola o all’università, ma soprattutto, aiutava con le ragazze. La Vespa portava con sé indipendenza e voglia di evasione. Ma come entrare in una fascia di mercato per gli adolescenti? La risposta è semplice, con una cilindrata “minima”. Nasce così l’idea di produrre una Vespa di soli 50 cm3, con scocca più piccola e maneggevole, adatta ai giovanissimi. Ovviamente questa non era la sola ed unica motivazione per produrre il modello: il Codice della Strada, infatti, prevede la targatura per tutti i motocicli con cilindrata superiore ai 50 cm3 e con soli 49,8 cm3 si è esenti. I “ciclomotori” hanno costi di gestione più contenuti e spaventano decisamente di meno i genitori per le prestazioni limitate – secondo il Codice della Strada del 1959 – a 40 km/h e potenza di 1,5 CV (questi limiti di potenza vennero abrogati nel 1987, ma la velocità rimase a 45 km/h). Ovviamente l’ingenuo parente, a meno che non fosse egli stesso esperto di motori, non poteva immaginare che esistevano già diversi modi di “truccare” il Vespino così da fargli raggiungere almeno gli agognati 70 chilometri orari.
La Vespa 50 viene presentata dalla Casa di Pontedera al Salone di Milano del 1963 e proposta al prezzo di 98.000 lire. È un progetto di scooter – l’ultimo firmato da Corradino d’Ascanio – completamente nuovo, sia per la scocca sia per il motore. Risulta infatti decisamente più snella di tutte le Vespa prodotte fino a quel momento, la forma è inconfondibile, ma le “pance” laterali ora sono solidali con la scocca e decisamente più affusolate. Al motore si accede tramite un piccolo sportellino laterale (posizionato sulla destra) con 5 feritoie per il raffreddamento. Inoltre è previsto un “pozzetto” sotto la sella, coperto da un pratico vano portaoggetti, per accedere al carburatore. La sella è singola, adeguatamente molleggiata e, posto dietro, è presente un piccolo portapacchi. In mezzo è posizionato il tappo del serbatoio, chiuso con una piccola vite in gomma. A richiesta era possibile avere la sella lunga a due posti, nonostante il “Vespino” non fosse omologato per due persone, almeno non in Italia. Di solito le selle erano di marca “Aquila Continentale” e riportavano la targhetta in alluminio sul posteriore, ma a volte avevano la targhetta con la sola scritta “Piaggio”. Il colore della scocca è un simpatico verdino acquamarina e in tinta sono anche il corpo del fanalino posteriore, il copriventola del motore e i cerchioni componibili da 9 pollici (i dadi e i bulloni ruota non sono verniciati). La scritta sullo scudo è in plastica adesiva di un blu scurissimo e riporta la dicitura “Vespa 50”. Le manopole sono in gomma bianca, con il lago Piaggio impresso. Il classico stemma della Casa (qui di dimensioni più piccole rispetto a quelli prodotti fino a quel momento) è posizionato come di consueto al centro dello scudo, immediatamente sotto al manubrio. Quest’ultimo è un pezzo unico di alluminio, con a destra l’acceleratore e a sinistra la manopola girevole per il cambio a 3 rapporti (i numeri sono verniciati in rosso). Al centro è presente un foro per il contachilometri a richiesta (di solito un Veglia con fondoscala a 80 km/h e logo della Piaggio al centro). Nel caso non si intendesse ordinarlo, veniva inserito un “tappo” di plastica verniciato come il resto della carrozzeria. Le pedane sono protette da alcune strisce in gomma messe a pressione. Il pedale del freno posteriore è, come di consueto per le Vespa, posizionato sulla destra. Inoltre era disponibile il bloccasterzo “Neimann”, molto utile per evitare furti. Il cavalletto è centrale, con “piedini” in gomma e tutta la fanaleria è marchiata SIEM. L’impianto elettrico è a 6 volt, senza batteria. Il clacson è posizionato anteriormente sopra il parafango, perfettamente integrato con il resto della scocca.
Il vero gioiello di questa nuova Vespa è però il motore. Infatti è un progetto completamente nuovo, realizzato per ottenere una grande robustezza. Il cilindro è inclinato di 45°, il che limita notevolmente l’ingombro rispetto a quello solito posizionato orizzontalmente e ne permette il montaggio in questo telaio molto più piccolo. La cilindrata è di 49,77 cm3, con alesaggio di 38,4 mm e corsa di 43 mm. L’alimentazione è a disco rotante con il carburatore che si immette direttamente nel carter. Quest’ultimo è un Dell’Orto SHB14.10 (sostituito quasi subito con un SHB16.10 che verrà poi montato fino a fine produzione), collegato al carter tramite un lungo collettore in ferro e permette una potenza di 1,45 CV a 4.500 giri al minuto.
Il cambio è a 3 rapporti, con comando al manubrio, e la velocità massima in terza è di 40 km/h; la frizione è a dischi multipli in bagno d’olio. Come detto in precedenza, esistevano moltissimi “trucchi” per aumentare la potenza del Vespino: si poteva cambiare il carburatore, oppure “alesare” l’originale aumentandone la portata fino a 16 mm o più, cambiare lo scarico con uno più performante e rumoroso, solitamente con doppio tubo di scarico cromato e di colore rosso. La lubrificazione avviene tramite miscela in gradazione del 2% e il consumo è ridottissimo, dai 50 ai 60 chilometri con un solo litro. Il serbatoio ha una capacità di 5,3 litri comprensivi della riserva ed è fissato alla scocca con tre bulloni. Il comando dello starter e la leva per il rubinetto benzina sono posti sotto la sella, molto facili da utilizzare e da raggiungere. Il raffreddamento è ad aria forzata come su tutte le Vespa, tramite il volano che funge da ventola. Il cilindro è coperto da una cuffia in ferro “fosfatata” (un trattamento anticorrosivo che permetteva di proteggere il metallo) e i numeri e la sigla motore sono stampigliati in basso nella parte posteriore del carter (V5A1M). La sospensione posteriore ricalca il modello di tutte le Vespa, con ammortizzatore unico collegato al motore e al telaio (con un piccolo tampone in gomma). Anteriormente è presente il solito “biscottino”, di dimensioni notevolmente ridotte rispetto a quelli prodotti fino ad allora ed è presente un unico ammortizzatore con molla incorporata.
I numeri e la sigla del telaio (V5AlT dal telaio 1001) sono stampigliati su una “bavetta” di lamiera inserita in prossimità della chiusura dello sportellino motore. L’avviamento avviene tramite la “solita” pedivella in alluminio, molto comoda e robusta, anche se si rimane in sella.
Come accennato, i cerchi sono componibili in lamiera stampata (gli originali riportano impresso il logo Piaggio rettangolare sull’anello esterno) da 9 pollici e montano pneumatici 2.75-9 sia anteriormente sia posteriormente; l’attacco è a 4 bulloni. A richiesta era possibile avere come optional la ruota di scorta da posizionare all’interno dello scudo, fissata ad un supporto. I freni sono a tamburo davanti e dietro da 125 mm. Il peso totale della Vespa 50 a secco è di soli 70,5 kg. A corredo del mezzo venivano dati una “sacca” porta attrezzi, il libretto uso e manutenzione e il libretto con tutti gli indirizzi delle stazioni di servizio Piaggio in Italia e nel mondo. È subito un successo. I ragazzi e gli adolescenti se ne innamorano, c’è chi passava apposta davanti alle vetrine dei concessionari Piaggio per andare ad ammirarla e sognare un po’, ma c’è anche chi senza tanti indugi la ordina per essere subito invidiato da tutti.
Sia come sia, la Vespa 50 entra subito a far parte della storia dello scooter e della Casa di Pontedera. Dal 1964, vengono aggiunti a listino due nuovi colori, il rosso e il grigio ametista. In questo caso i cerchi, il copriventola (che cambia leggermente nel disegno delle feritoie) e la forcella anteriore diventano color alluminio. Ma le livree non sono l’unica modifica apportata alla Vespa 50: anche a livello meccanico ci sono alcune migliorie. Il carter motore ha adesso un foro di maggiori dimensioni per l’alloggiamento del cilindro, la crociera del cambio passa da 3 a 4 steli e gli ingranaggi delle marce passano da 4 a 6 scanalature, così da favorire gli innesti. La calotta del motore in metallo “fosfatato” è sostituita da una meno nobile in plastica. Cambiano leggermente le cerniere di attacco dello sportellino motore. Successivamente verrà montato un fanalino posteriore completamente in plastica, con catarifrangente bordato e sempre marchiato SIEM. A partire dal numero di telaio 92877, nel 1965, lo sportellino per accedere al motore viene finalmente ingrandito, cosÌ da facilitare gli interventi sulla meccanica.
Nel 1966 la Piaggio decide di arricchire il listino della “50” con la versione “Lusso”. Le novità sono soprattutto estetiche: un profilo in alluminio impreziosisce lo scudo paragambe, le strisce pedana diventano in alluminio e gomma come per le “sorelle maggiori” (fissate con gli immancabili ribattini in alluminio), una cornice cromata intorno al fanale anteriore, una crestina in alluminio lucidato sul parafango anteriore. Anche la scritta anteriore diventa in alluminio. Cambia il disegno della sella: la monoposto copre ora tutto il serbatoio e ha la caratteristica forma a “gobbetta”, con la scritta “Piaggio” impressa a lettere bianche. Quella a due posti invece presentava anche un gancio appendi borse sulla parte anteriore. Altra modifica importante riguarda invece l’adozione di un ammortizzatore idraulico a doppio effetto all’anteriore che permette un maggior confort su terreni sconnessi. La cosiddetta “Vespa 50 L” si va ad affiancare alla più “povera” 50 N. Si aggiungono nuovi colori: un simpatico verde mela, il giallo “Positano” e l’azzurro turchese.
Nel 1967, dal numero 200001 per la 50 N e dal 540001 per la L (il suffisso era per entrambe sempre V5A1T) il telaio verrà allungato, e così resterà fino alla fine della produzione. Dal 1° ottobre 1967 viene modificato il marchio, che passa dal glorioso scudetto rettangolare a un nuovissimo e più moderno logo esagonale. Tutto prosegue fino al 1969, anno in cui il “Vespino” si migliora ulteriormente. Al Salone di Milano dello stesso anno viene infatti presentata la Vespa 50 R, insieme alla 50 Special. La “R”, è ora il modello più economico fra i due, sostanzialmente non ha modifiche importanti rispetto alla “N”, ad eccezione dei freni che dal 1971 diventano autoventilanti (il posteriore ora è da 135 mm) e quindi cambia anche il disegno dei cerchi, sempre con attacco a 4 bulloni ma largo. Le manopole sono in gomma nera e cambia il disegno. I listelli sulla pedana in gomma come sulla “N” e il bordo dello scudo e la scritta anteriore diventano in alluminio come sulla “L” (uscita di produzione nel 1970). Viene anche mantenuta la crestina di alluminio posizionata sul parafango anteriore. Il suffisso del telaio è sempre V5A1T e la numerazione parte dal 700001. Il motore e il cambio sono identici alle serie precedenti e mantengono la denominazione V5A1M. Dal 1971 verrà però leggermente potenziato (pur avendo prestazioni sempre da Codice della Strada) e la sigla diventerà V5A2M; dal 1975 la bobina sarà esterna.
Dal 1972 cambiano le scritte, l’anteriore assume la nuova grafica e diventa orizzontale e viene inserita anche posteriormente sotto la sella la scritta “Vespa 50”, sempre orizzontale. Fino all’ultimo anno di produzione, il 1983, le modifiche saranno di lievissima entità, ma la “R”, sarà una delle Vespa 50 più vendute e apprezzate di questa serie con un totale di 868.760 esemplari.
Ma quella che oggi tutti ancora ricordano, resa celebre dalla simpatica canzone dei Lunapop è la 50 Special. La scocca esterna è identica, le modifiche si concentrano soprattutto all’anteriore, dove vengono montati un cannotto copristerzo in plastica grigia e un manubrio di forma inedita con faro quadrato. Cambia il fanalino posteriore ora di forma più schiacciata e larga. Il fanale anteriore è impreziosito da una cornice cromata e sul parafango anteriore muta il disegno della crestina, ora più larga. Le strisce della pedana sono le stesse della precedente 50 L, in alluminio e gomma, così come il bordo scudo in alluminio. Le scritte sono specifiche per questo modello e sono posizionate anteriormente e posteriormente. Per distinguerla dalla “R”, la sigla del telaio diventa V5B1T e quella del motore V5A2M. La sella è sempre la monoposto a gobbetta e a richiesta è possibile avere la biposto, il tachimetro quadrato Veglia (a sfondo nero) e la ruota di scorta.
Per la prima volta vengono montate sulla Vespa, dal 1972, le ruote da 10 pollici, come sulla 125 Primavera, ma con gomma da 3.00, i dadi di fissaggio sono 5. Nello stesso anno vengono modificate le scritte che adottano la nuova grafica e diventano orizzontali. Il cambio continua a restare a 3 rapporti, fino al 1975, quando finalmente vengono adottate le 4 marce, unificando i carter con la 125 Primavera per contenere i costi. Anche il cavalletto diventa più grande e robusto, unificato anche questo con la 125 Primavera. La Vespa 50 Special ha raggiunto ora la sua piena maturità, i 4 rapporti la rendono godibilissima nel traffico e molto più fluida. Il suffisso del telaio cambia in V5B3T.
Parallelamente alla 50 Special, nel 1969 viene presentata la “50 Elestart”, con estetica identica alla Special e la raffinatezza dell’avviamento elettrico. È dedicata al pubblico femminile, poiché nonostante l’avviamento a pedale fosse semplicissimo, a volte poteva non essere agevole per una fanciulla. L’unica differenza evidente è nella “pancia” sinistra, al cui interno sono sistemate le due batterie per l’avviamento elettrico e la piccola “centralina” che lo gestisce, il tutto chiuso da uno sportellino simile, ma più ampio, a quello del motore. La chiave per il contatto è sistemata al centro del manubrio, poco al di sopra del tachimetro. Il suffisso del telaio, fino al 1972 era V5A3T, successivamente divenne V5B2T. Nel 1975 viene aggiornata con il cambio a 4 marce, ma nonostante questa raffinatezza il pubblico continua a preferire la Special con avviamento a pedale e ne vengono venduti pochissimi esemplari, fino al 1976, anno in cui esce di produzione. Il telaio di quest’ultima serie era V5B4T. Al di là della pura e semplice storia di questa Vespa, che può essere uguale o simile a quella di tanti altri modelli, si può dire che il “Vespino” è sempre rimasto nel cuore di tutti quelli che lo hanno avuto. Ma non solo. Era un oggetto del desiderio, con i suoi colori sgargianti e quell’aria sbarazzina, adatta a chi aveva bisogno di un mezzo robusto ed economico per godersi ogni singolo viaggio. Nel traffico era agilissima e, anche se era vietato dal Codice della Strada, ci si poteva comunque portare la fidanzatina e fare bella figura, con quel brivido del rischio che tanto piace ai giovani. È stata la Vespa più elaborata, più bistrattata e usata fra tutte, ma non tradiva mai, una pedalata e via, sempre verso nuove avventure. Perché la Vespa è così.
Fonte: Matteo Comoglio, Vespa 50. Piccola e pungente, “La Manovella”, anno LII, n° 11, ASI Service srl, Torino, novembre 2012.