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RISCIÒ ELETTRICO [1995]












SCHEDA PRODOTTO (on/off)




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COLLEZIONE MUDETO



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RISCIÒ ELETTRICO 
AREA TEMATICA Design per la Mobilità
TIPOLOGIA City-car
ANNO 1995
PROGETTO Riccardo Bonciani
PRODUZIONE / PER Pasquali
RICONOSCIMENTI Mostra Earth Technology Expo 2023 - Digital and ecological transition, 15-18 novembre 2023, Palazzo dei Congressi, Firenze

MOTIVAZIONE 


di: Antonello Biscini 

Da una fabbrica di motocoltivatori, quasi trenta anni fa, fu sviluppata una micro-vettura pensata per la mobilità elettrica cittadina, anticipando le varie Renault Zwitzy, Birò, Citroën Ami e Opel Rocks.

Si fa oggi un gran parlare di mobilità elettrica. Intavoliamo discussioni da bar sport su quale sia la miglior elettrica da scegliere: full electric (che l’esperto corregge subito con l’acronimo: BEV) o hybrid o mild hybrid o plug-in hybrid, ecc, ecc. E quale colonnina (pardon, si chiama “wallbox”) metteremmo in garage? Siamo diventati tutti esperti e dibattiamo su quale auto vada più lontano con un “pieno di elettroni”. E chi ci governa non è da meno indicando perentoriamente un anno, il 2035, che segnerà la fine dei motori a combustibili fossili. Poi dovrebbero anche dirci da dove prenderemo i soldi delle tasse che incidono per circa 1 Euro per ogni litro della benzina con cui abbeveriamo la nostra obsoleta auto a combustione. Ma questa è un’altra storia…

Lo ”start” a questa passione per le auto elettriche va dato, onore al merito, alla Toyota che nel 2000 presentò al mondo – con gran coraggio – la prima auto con un motore elettrico, seppur collegato ad un convenzionale motore a benzina, dando il via alle ibride. Per arrivare alle auto completamente elettriche, utilizzabili giornalmente ed anche in ambiente extra urbano, dobbiamo aspettare fino al 2008 con la prima Tesla. Poi lo sviluppo delle batterie, della elettronica e, anche, la spinta della politica… e dell’industria cinese, hanno portato al tumultuoso sviluppo di questi ultimi anni.
Ma se torniamo alla seconda metà del secolo scorso troviamo la propulsione elettrica ridotta a tentativi, più promozionali che altro, di motorizzare modelli a benzina e a micro-vetture per impiego prettamente cittadino. Tra i pionieri, ricordiamo l’italianissima Urbanina dei primi anni ’60 da cui Zagato sviluppò la Zele che ebbe un relativo successo negli anni ’70.

Sempre tra i pionieri – o “visionari” come forse sarebbe meglio indicare – merita di non essere dimenticato il dottor Lino Pasquali che, dopo aver innovato la micro-meccanizzazione dell’agricoltura con i suoi motocoltivatori e trattori compatti, rivolse la sua attenzione alla micro-mobilità urbana fin dall’inizio degli anni ’90.

Prima dell’avvento delle batterie al litio, solo la diffusione delle colonnine di ricarica poteva sopperire al limite della scarsa autonomia delle batterie convenzionali. La città di Firenze con le sue strette stradine di origine medievale e la sua vasta, fin d’allora, ZTL fu una delle prime città a installare delle colonnine di ricarica dedicate, soprattutto, agli scooter elettrici che nei primi anni ’90 cominciavano a comparire nelle strade del centro. Colonnine molto diverse da quelle super-tecnologiche che vediamo adesso. In pratica si trattava di un contenitore con quattro prese da 220 Volts chiuse da uno sportello con una chiave. Chi desiderava ricaricare il suo mezzo elettrico non aveva nessuna “card”, o “chip” o “app” da utilizzare, ma doveva andava in Palazzo Vecchio, sede del Comune di Firenze, e chiedere una normalissima “chiave” con cui aprire lo sportello della colonnina. Il servizio era gratuito, visto i pochissimi mezzi elettrici circolanti.

Il Pasquali Risciò

Ma gli scooter non potevano essere la soluzione e Lino Pasquali pensò ad una micro-vettura da città: compatta, per sgusciare nelle stradine del centro e parcheggiare negli stalli dei motorini elettrici, chiusa per tenere gli occupanti al riparo dalle intemperie, a due posti, con un minimo di bagagliaio e velocità (40 km/h) ed autonomia (45 km) sufficienti per l’impiego cittadino. Ovviamente elettrica e guidabile con la patente “A” come un motociclo o addirittura senza patente, come un ciclomotore.
Lino Pasquali fu davvero un precursore di quella categoria di veicoli, elettrici e da città, che oggi sono così diffusi tanto da meritare il loro acronimo: SUM (Sustainable Urban Mobility, in italiano vettura per la mobilità urbana sostenibile).

Lino Pasquali, passata la guerra, comprese la necessità di un mezzo agricolo dedicato alla campagna toscana, caratterizzata da piccoli appezzamenti di natura prevalentemente collinare, dove non era possibile utilizzare i trattori, sia per la loro dimensione che per il costo. Nacquero i suoi motocoltivatori ai quali seguirono varie gamme di trattori compatti e fu un successo che fece rapidamente crescere l’officina di Lino Pasquali trasformandola in una grande industria. La prima sede di via Locchi nei pressi dell’Ospedale di Careggi, divenne presto insufficiente e la produzione dei motocoltivatori e dei trattori fu spostata nel nuovo stabilimento a Calenzano.
Nello stabile di via Locchi rimasero il centro di progettazione e l’officina per lo sviluppo e produzione dei prototipi. E fu proprio sfruttando quest’area in via Locchi, che Lino Pasquali nel 1993 dette al suo direttore tecnico, l’ing. Riccardo Bonciani, l’incarico di progettare una micro-auto da città, con le indicazioni che abbiamo descritto e ovviamente elettrica, e di formare un gruppo di progettisti specifico con l’input di “dimenticarsi” i motocoltivatori e i loro rumorosi monocilindrici diesel.

Per contenere le dimensioni e far rientrare il nuovo mezzo nella categoria dei “motocicli” – quindi mezzi conducibili con la patente “A” (a due posti) o senza patente (col sedile per il solo conducente) – si optò per la configurazione a tre ruote.
A differenza del motocarro Ape Piaggio, fu scelta la soluzione con due ruote anteriori sterzanti e una posteriore motrice, così da avere una migliore ripartizione dei pesi in funzione del baricentro per una migliore stabilità e tenuta di strada. Inoltre questa soluzione prevedeva già la futura versione dotata di quattro ruote sostituendo soltanto la parte meccanica del retrotreno e la fascia paraurti/parafanghi posteriore, qualora la domanda e la legislazione avessero consentito il passaggio alle quattro ruote.

Per identificare i suoi motocoltivatori, Lino Pasquali utilizzava sigle e numeri mentre per la micro-vettura scelse la denominazione “Risciò elettrico” per evidenziarne la maneggevolezza e la propulsione ad energia elettrica, in quegli anni certo non scontata.

Nasce il Risciò Elettrico

Nel 1994 cominciarono a circolare i primi prototipi nella versione definitiva. La trazione è affidata alla ruota posteriore, tramite un motore elettrico AMRE da 24 Volts con potenza di 3.3 Kw, alimentato da 4 batterie a 6 Volts in serie per 240 Ah in 20 ore. Due batterie sono posizionate nel cofano anteriore e le altre sotto il sedile del conducente. Il telaio è in robusti tubi di acciaio sul quale viene fissata la carrozzeria in vetroresina. Nonostante i limiti imposti dalle dimensioni contenute a poco più di due metri per consentire il parcheggio negli stalli dei motorini, il disegno – dovuto anche questo a Riccardo Bonciani – è ancora attuale e originale. Con un “musetto” simpatico che ricorda i personaggi dei Minions disegnati dal cartoonist francese Eric Guillon.

Si accede al posto di guida centrale del Risciò tramite due portiere laterali, entrambe dotate di chiave. I sedili sono imbottiti e relativamente comodi, considerate ovviamente le dimensioni. L’accesso al sedile posteriore è facilitato dal ribaltamento di quello del conducente. Essendo omologato nella categoria “motocicli”, nel Risciò non sono presenti le cinture di sicurezza. Solo due pedali, acceleratore e freno. Di fronte al conducente c’è un grande ripiano per riporre documenti e oggetti vari con il cockpit con la strumentazione posto centralmente. Il volante in plastica è minimale ma dotato da un bocca-sterzo azionabile con la chiave in dotazione. Per la strumentazione e i comandi c’è tutto quello che serve. Il tachimetro-contachilometri è di origine Piaggio. Una batteria di led (verdi-giallo-rosso) indica lo stato di carica delle batterie e una seconda serie di led indica se siamo in “folle” o la direzione di marcia che è stata selezionata tramite una piccola cloche. In “folle” il Risciò è ovviamente libero di muoversi ed il pratico freno a mano che agisce sulle ruote anteriori è indispensabile, una spia nel cruscotto ricorda se il freno è stato inserito. Sono previste le quattro frecce hazard e la scatola fusibili è facilmente accessibile. La visibilità anteriore è ottima per il grande parabrezza, dotato di una ampia spazzola tergicristallo e, addirittura, del lavavetro. Molto meno agevole la visibilità posteriore per la dimensione del lunotto, compensata però dai due specchietti laterali. Non è ovviamente previsto un impianto di riscaldamento mentre la ventilazione dinamica è assicurata da due bocchette sul cruscotto e dai vetri scorrevoli sulle portiere con un meccanismo che ricorda le prime Fiat 600 e la Renault 4.
Per avviare il Risciò occorre attivare lo stacca-batterie e ruotare la chiave di accensione per accendere il quadro. Si seleziona quindi la direzione di marcia e si preme l’acceleratore. Le piccole dimensioni, l’ampio raggio di sterzata e il classico brio in accelerazione dei motori elettrici rendono la guida del Risciò facile e piacevole. Molto meno piacevole è invece il comfort di marcia per la rigidezza delle sospensioni che fanno davvero poco per filtrare le asperità delle strade dei centri storici, tra pavimentazioni in pietra o in pavé.
Nella guida, lo strumento da tener sempre sott’occhio è la fila di led che indica la carica delle batterie. Progressivamente i led verdi si spengono fino al led giallo che indica una sorta di “riserva”. Quando si accende il led rosso, è necessario provvedere quanto prima alla ricarica. È prevista una interessante funzione nel caso il conducente distratto cerchi di continuare a marciare fino al fermo del Risciò per esaurimento della carica. In questo caso, si accede ad una residua riserva di energia che permettere la marcia di qualche metro, ma solo all’indietro, per effettuare le manovre indispensabili per rimuovere il mezzo dalla sede stradale.

La prima serie

La produzione in serie di Pasquali Risciò Elettrico iniziò nel 1995. Considerati i tempi non ancora maturi per accettare un mezzo così inusuale, la Pasquali non attivò una vera e propria rete commerciale ma iniziò a sondare il mercato offrendo il nuovo mezzo gestendo direttamente ordini e assistenza dalla propria sede di Firenze. Le Poste Italiane furono tra i primi clienti acquistando 13 Risciò, di colore rosso con tettino nero, con cui sperimentare la mobilità elettrica nei centri storici. Le città impegnate nella sperimentazione furono Firenze, Bologna e Genova. Evidentemente i tempi non erano ancora maturi per l’adozione di questi mezzi da parte delle Poste ma la sperimentazione con i Risciò dette il via al progetto “Green Post” che portò, nel 2011, all’acquisto da parte di Poste Italiane dei primi 1.000 quadricicli elettrici.
Anche le poste tedesche, la Deutsche Post, furono interessate al Risciò ma chiesero alla Pasquali di disegnare per la Germania una carrozzeria meno “fumettosa” e con maggiore capacità di carico. Furono allestiti dei prototipi con linea più squadrata, a “furgoncino”, però non sgradevole. Anche in questo caso, però, non si andò oltre la fase sperimentale.

Contemporaneamente alle prime dotazioni per Poste Italiane iniziarono le prime consegne ai clienti privati che, per le normative dell’epoca, erano esentati per 5 anni dal pagamento del bollo. La scelta era tra due modelli: 105.10: guida senza patente (in quegli anni), un solo posto per il conducente e il 105.20: guida con patente a partire dalla "A" (16 anni), due posti (conducente e il passeggero se il conducente era maggiorenne).
Meccanicamente i due modelli erano identici e differivano solo per la presenza del secondo sedile e, ovviamente, per la diversa omologazione.
Il prezzo di lancio fu fissato in Lire 10.000.000 per la versione base “giallo Pasquali” e poi aggiornato a Lire 11.500.000. Il tempo di consegna era di circa 30 giorni. Non esisteva una vera linea produttiva ed ogni esemplare veniva assemblato al momento dell’ordine. Non era previsto nessun optional ma – in alternativa al giallo Pasquali e con un sovrapprezzo di Lire 500.000 – si poteva scegliere tra una ampia gamma di colori come il rosso, il verde, il blu, il bianco ed un violetto, probabilmente scelto dai supporter della squadra della città.

La seconda serie

Nel 1999, avvenne la fusione tra la Pasquali Macchine Agricole ed il Gruppo BCS di Abbiategrasso per la produzione dei motocoltivatori e dei trattori nello stabilimento di Calenzano. Il dottor Lino Pasquali mantenne però il marchio ed il know how del Risciò che continuò ad essere prodotto nella piccola factory di via Locchi a Careggi dove si stava mettendo a punto la seconda serie.
Nei Risciò della seconda serie, commercializzati dal 2001, le modifiche alla meccanica erano minime, mentre si era maggiormente intervenuti sulla carrozzeria. Furono spostate le luci posteriori in posizione più protetta, sostituite le antiquate maniglie delle portiere con più moderni pulsanti e migliorata la ventilazione ampliando l’apertura dei finestrini.

La produzione del Pasquali Risciò Elettrico terminò nel 2003. Non sono disponibili i volumi prodotti, ma si stima in circa 200 Risciò prodotti, per la maggior parte venduti in Toscana. Abbiamo comunque notizie di Risciò venduti all’estero, anche in Giappone dove un giallo Risciò è stato utilizzato per lo spot di una merendina.
Un discreto numero di Risciò è ancora in circolazione grazie alla semplicità del progetto, alla solidità della meccanica e alla disponibilità ed esperienza di Giancarlo Miolla di Elettricittà che assiste i Risciò fin dagli anni ’90. Non è raro vedere qualche “Pasqualino”, come è chiamato dagli affezionati utenti, nelle strette strade del centro di Firenze suscitando la curiosità dei turisti che, spesso, si fermano a fotografare quella buffa macchinetta che sembra uscita da un fumetto.

Il Risciò a quattro ruote: “Risciò EV4”

Con la scomparsa di Lino Pasquali, il progetto di un’evoluzione del Risciò, anche a quattro ruote, che era già in avanzato stato di progettazione meccanica e stilistica, rimase nel cassetto fino al 2011 quando due imprenditori fiorentini, Carlo Consigli e Mauro De Lauri, tramite la loro società Ergenia S.r.l. acquisirono marchio, progetto, know how e il magazzino ricambi. Nel frattempo, la legislazione aveva esteso la possibilità di omologare come motocicli anche i mezzi a 4 ruote (quadricicli leggeri). L’anno successivo fu quindi presentato il prototipo del “Risciò EV4” , sviluppato sulla base del progetto già impostato per il nuovo Risciò a quattro ruote ma con un power-train completamente nuovo e alimentato da batterie al litio. Il Risciò EV4 non è però mai entrato in produzione ed è rimasto un modello unico.

Il Risciò elettrico del servizio

Lino Pasquali era membro dell’Accademia dei Georgofili e, nel 2002, per permettere agli addetti dell’organizzazione di muoversi nelle vie del centro, Lino Pasquali donò all’Accademia un Risciò bianco che venne “personalizzato” con lo stemma e le iscrizioni della storica Istituzione fiorentina. Dopo qualche anno di utilizzo e 6.200 km percorsi, il “Pasqualino” restò parcheggiato per molti anni nel cortile dell’Accademia fino al recupero da parte di un appassionato che ha pensato che almeno un esemplare del Risciò dovesse essere conservato in ricordo di questo esempio di inventività e di coraggio imprenditoriale purtroppo, ancora una volta, troppo avanti rispetto alle tecnologie disponibili in quel periodo.
Che l’intuizione di Lino Pasquali fosse giusta l’hanno dimostrato, quasi trenta anni dopo, la diffusione delle micro-vetture elettriche, le SUM, che vediamo nelle strade del centro delle nostre città.


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